Regia di Roberto Faenza,con Emmanuelle Laborit (Marianna Ucrìa),Laura Morante(madre di Marianna),Philippe Noiret(nonno di Marianna),Roberto Herlitzka(il duca Pietro).
Nella Sicilia del ‘700, la giovane Marianna Ucrìa, figlia di un nobile, viene data in sposa a un vecchio zio.La giovane è sordomuta, ma la sua intelligenza e l’affetto dei nonni le permette di superare per quanto possibile il suo handicap,coltivando interessi, alimentando la sua intelligenza con studi e letture e occupandosi con amore dei figli nati dall’infelice matrimonio. Col tempo però, Marianna comincia a ricordare una misteriosa canzone che le cantava sua madre da piccola:come è possibile?
Tratto dal romanzo LA LUNGA VITA DI MARIANNA UCRIA( )di Dacia Maraini,è molto triste vedere come il personaggio di Marianna,una delle figure femminili più belle della letteratura italiana moderna,nella versione cinematografica risulti alquanto sbiadito.
Del resto c’era da aspettarselo:il mondo di Marianna è fatto di pensieri,sensazioni,soprattutto di silenzio, essendo lei sordomuta. E questi pensieri vengono resi molto poco nel film, in modo vago e piuttosto superficiale,concentra dosi di più sul mistero della canzone ricordata dalla protagonista e sulla sua voglia di normalità nonostante il suo handicap e la sua condizione svantaggiata di donna del ‘700, priva di diritti e libertà.
l’interpretazione che mi ha maggiormente colpito è stata quella di Laura Morante nel sofferto ruolo della madre, vittima anch’essa dei segreti di famiglia e della sua impossibilità di ribellarsi come donna e madre alla violenza subita dalla figlia, seguita da Philippe Noiret in quella del buon nonno, una figura maschile nettamente diversa da quelle che circondano la giovane. Emmanuelle Laborit, la protagonista, non mi ha colpito molto nel ruolo di Marianna, se non per la sua bellezza, ma la sua interpretazione seppur non da buttare non mi è sembrata particolarmente sentita.
Un film non brutto, ma comunque non certo di quelli che rimangono in mente…
Tiziana
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