domenica 28 marzo 2021

Quo vadis?, 1985

 


Regia di Franco Rossi, con Francesco Quinn (Marco Vinicio), Marie Therese Relin (Licia), Klaus Maria Brandauer (Nerone), Christina Raines (Poppea), Frederic Forrest (Petronio), Barbara De Rossi (Eunice), Massimo Girotti (Aulo Plauzio), Philipe Leroy (Paolo di Tarso), Max Von Sydow (Pietro).



Nella Roma di Nerone il comandante Marco Vinicio s’ innamora di Licia, figlia adottiva di un console, la cui famiglia è segretamente cristiana. Deciso dapprima ad averla a tutti i costi,  si scontra con la forte personalità e fede della ragazza, che non cede seppur anche lei innamorata; Marco si avvicina quindi al mondo dei cristiani, dapprima avendo come unico scopo quello di capire come avvicinarsi all’amata. Mentre l’amore vince, le imprese di Nerone diventano sempre più folli e culminano con l’incendio di Roma, in cui Marco riesce a salvare Licia e la sua famiglia. Ma quando l’imperatore dà la colpa di tutto ai cristiani, viene arrestato insieme a loro….


Versione targata Rai del celebre romanzo di  Henrik Sienkiewicz ( 1895), è stato per me una totale delusione. Probabilmente non sono molto imparziale dato che il film del 1951   è uno dei miei favoriti, ma certamente da questo sceneggiato mi aspettavo un pochino di più di quanto ho visto. 

A conti fatti più che una trasposizione del romanzo è una specie di documentario sulla vita nell'antica Roma sotto Nerone, al quale viene restituita una dimensione più complessa rispetto a quella del pazzo a cui la Storia ci ha abituati: fanatico ma allo stesso tempo amante dell'arte, con una sua logica politica figlia del tempo e dell'ambiente in cui vive, anche- se vogliamo- con uan dimensione umana come uomo che ha dovuto sopravvivere fin da bambino in una famiglia di spietati ambiziosi. Anche alla moglie Poppea viene data una dimensione più comprensiva di altri aspetti della sua vita; viene anche introdotto il personaggio della piccola Claudia, figlia della coppia morta ancora bambina, per cui i due personaggi hanno anche una loro dimensione (non scontata) come genitori.


Alla fin fine il vero e proprio protagonista è lui, anche perchè i due giovani attori che impersonano quelli che dovrebbero essere i veri protagonisti Marco e Licia, Francesco Quinn e Maria Therese  sono davvero incolori e insignificanti: spiace dirlo, ed è anche vero che- per i motivi sopra detti- la sceneggiatura ha comunque messo in disparte i due personaggi, ma ad un certo puto si fa fatica persino a ricordarsi di loro, sopratutto in mezzo ad alcune "vecchie glorie" del cinema mondiale come Max Von Sydow, Philipe Leroy e anche il nostrano Massimo Girotti, i cui personaggi sono dipinti tutti nella loro umanità più autentica, fatta anche di dubbi e cedimenti. Oltre a Nerone tra i personaggi spiccano  Petronio e la schiava Eunice, interpretata da una giovanissima Barbara De Rossi, ma l'attenzione vera e propria del regista, come già detto, è tutta per usi e costumi romani, resi nel modo più veritiero e realistico possibile. 

Forse anche per questo non ha avuto molto successo....


P.S sfogo: ma come mai mi sto riducendo ora a fare le recensioni di quello che ho visto nel lockdown dell'anno scorso?!




giovedì 25 marzo 2021

L'ufficiale e la spia (J'accuse), 2019




 Regia di Roman Polanski, con Jean Dujardin (Colonnello Georges Picquart), Louis Garrel (Alfred Dreyfus), Andrè Marcon (Emile Zola),


Francia, 1894: il capitano ebreo Alfred Dreyfus viene ingiustamente accusato di tradimento e spionaggio a favore dei tedeschi; dopo un processo sommario, viene condannato all'ergastolo nella Guyana francese. Qualche tempo dopo l'ufficiale Georges Picquart, superiore di Dreyfus, si rende conto che le informazioni verso il nemico circolano ancora; indagando per proprio conto scopre il vero colpevole di spionaggio ma quando fa presente alle autorità la cosa viene invitato a fare finta di nulla. Picquart non ci sta....



Tratto dall'omonimo romanzo (2013) di Robert Harris, il film narra una storia che ancora oggi colpisce molto: quella dell'affare Dreyfus, e in particolare - in questo caso- del colonnello Picquard che, scoperte le irregolarità del processo cui fu sottoposto Dreyfus e in particolare le prove della sua innocenza, si battè strenuamente per vedere riconosciuta la verità.

Come noto Alfred Dreyfus, un capitano ebreo, fu accusato di essere stato un informatore dei servizi segreti tedeschi, nemici della Francia; per questo venne processato e riconosciuto colpevole, degradato e condannato a essere deportato nella Guyana francese. Picquard, ufficiale e superiore di Dreyfus, viene promosso a capo della sezione di statistica   e si accorge ben presto che il flusso delle "informazioni" al nemico in realtà continua. Questo lo spinge a chiedersi: Dreyfus è davvero colpevole? E in caso contrario cosa sta succedendo?


Picqaurd non è certo un eroe senza macchia: è un antisemita, e inizialmente non gliene importa nulla del fatto che in molti si rendono conto che a Dreyfus non sia stato concesso un giusto processo. Ma- a quanto ho capito- ha un forte senso della giustizia e sopratutto dell'onore dell'istituzione militare, ed è questo che inizialmente lo spinge ad approfondire le indagini e in seguito, accorgendosi del malfunzionamento e delle corruzione sia della macchina giudiziaria che di quella militare, a ribellarsi pagandone le conseguenze: oltre a un momentaneo stop di carriera, verrà perseguitato e assieme a lui le persone che gli sono più vicine. Col tempo troverà anche numerosi sostenitori, tra cui lo scrittore Emile Zola (al cui celebre articolo "J'accuse" il titolo originale del film fa evidentemente riferimento) e vari personaggi di spicco della cultura francese che si spesero per sostenere l'innocenza di Dreyfus e ottenere la revisione del processo. 

Nonostante l'ambientazione di tipo militare possa spesso risultare pesante, in questo film non è così (forse anche per l'interesse suscitato dalla parte "gialla" della storia), il ritmo della narrazione è abbastanza scorrevole, con vari colpi di scena che contribuiscono a mantenere alta l'attenzione dello spettatore; la magistrale interpretazione di Jean Dujardin primeggia su tutte le altre, seppure tutte egualmente meritevoli. 




lunedì 22 marzo 2021

La bambina che non voleva cantare, 2021


 Regia di Costanza Quatriglio, con Tecla Insolia (Nada a 15 anni), Giulia Rebeggiani (Nada a 7 anni), Carolina Crescentini (Viviana Fenzi), Sergio Albelli (Gino Malanima), Giulia Battistini (Miria Malanima), Paola Minaccioni (Suor Margherita), Daria Pascal Attolini (Nora), Paolo Calabresi (Leonildo), Nunzia Schiano (Mora). 



1961: la piccola Nada vive con la famiglia- composta dalla mamma Viviana, dal padre Gino, dalla sorella Miria e dalla nonna Mora- in campagna in provincia di Livorno. 

Frequentando il coro della parrocchia diretto da Suor Margherita, la bambina scopre la sua vocazione per il canto; ciò riscuote Viviana dalla grave depressione di cui soffre da anni, spingendola a reagire con l'obiettivo di assicurare alla figlia occasioni per entrare nel mondo dello spettacolo...



Tratto dall'omonima autobiografia (2008 ), è la storia della cantante Nada Malanima, e di come arrivò giovanissima (a soli 15 anni) al successo. 

E' una storia semplice e allo stesso tempo particolare, di una bambina cresciuta in una famiglia operaia e di stampo comunista  nella campagna toscana negli anni del boom economico; una famiglia che deve anche fare i conti con un problema di cu all'epoca non si sapeva quasi nulla: la depressione della madre Viviana, che la porta ad essere quasi totalmente assente anche per lunghi periodi. 

E, spiace dirlo, ma è proprio questo elemento che mi ha particolarmente disturbato durante la visione del film. So benissimo che la depressione è una malattia terribile e non è certo colpa di chi ce l'ha, ma una delle cose che malsopporto è vedere bambini o ragazzini sui quali viene buttato (più o meno inconsapevolemente) il peso della responsabilità non solo di gestire la malattia del genitore, ma anche di "fare la sua felicità" o costituire una sorta di "medicina" o di "cura". Ripeto, la malattia non è una colpa...ma non è nemmeno una colpa di chi non ce l'ha! Un figlio ha diritto a essere accudito e a ricevere le necessarie attenzioni, non il contrario!


E invece in questa storia è proprio questo che accade: il titolo "La bambina che non voleva cantare" fa infatti riferimento alla timidezza della piccola Nada, alla quale piace cantare ma per sè stessa, non in pubblico, e che invece si ritrova a dover seguire i desideri materni, spinta a ciò dal desiderio di fare stare bene la mamma. Una mamma fragile ma anche ingombrante per questo motivo, che forse riversa sulla figlia talentuosa (dacchè l'altra, non essendo sfruttabile per i suoi scopi, non esiste proprio) sogni che lei non ha potuto realizzare. Certo, si può dire che, vista la carriera di successo, alla fine ne è valsa la pena...ma io non riesco a ragionare così, almeno non del tutto.

Il film è comunque gradevole e ben interpretato, la giovane protagonista Tecla Insolia viene un po' lasciata in ombra dalla bella interpretazione di Carolina Crescentini nel ruolo della madre Viviana (al di la di quello che penso del personaggio), bravi anche i personaggi di contorno (seppure poco valorizzati). Confesso che mi sarebbe piaciuto vedere di più la storia d'amore tra Nada e il futuro marito Gerry Manzoli dei Camaleonti, nel film si vede solo il loro primo incontro ma sono così carini che secondo me valeva la pena fare una seconda parte. Ma non si sa mai....




giovedì 18 marzo 2021

Mondo Youtube: Vanilla Magazine



 Matteo Rubboli è l'editore e curatore di Vanilla Magazine, rivista (credo solo online ma non ne sono sicura) che si occupa prevalentemente di divulgazione culturale. Da circa un anno e mezzo ha aperto anche un omonimo canale youtube in cui ripropone gli stessi temi della rivista, e che da subito ha ottenuto molto successo, e meritatamente: persona che si pone in modo educato e rispettoso verso gli spettatori, Matteo ha due caratteristiche evidenti: una notevole cultura e apertura mentale. Ciò gli permette non solo di spaziare in maniera variegata fra gli argomenti e le epoche storiche, ma anche di trattare talvolta casi e argomenti ritenuti spinosi o "tabù per vari motivi (ad esempio, recente è il video in cui parla della storia di un giovane soldato tedesco morto appena 18enne per salvare la vita a due bambini olandesi). Il canale si occupa veramente di tutto: personaggi storici, ricorrenze particolari, annedoti, leggende, funzionamento delle società passate, usi e costumi delle varie epoche, storia di oggetti di uso comune...credo posti un video al giorno (o ogni due giorni) e posso dire che il lavoro è davvero notevole e di ottima qualità!

I miei preferiti sono le live all'esterno, talvolta girati sui luoghi reali del fatto narrato nella puntata di turno (ovviamente non adesso visto che non si può girare), specialmente a Ravenna, la città dove vive. 

Veramente un canale che consiglio tantissimo, ed infatti è anche l'unico che sostengo economicamente!




lunedì 15 marzo 2021

Il Commissario Montalbano: Il metodo Catalanotti, 2021




Regia di  Luca Zingaretti, con Luca Zingaretti (Salvo Montalbano), Cesare Bocci (Mimì Augello), Peppino Mazzotta (Giuseppe Fazio), Angelo Russo (Catarella), Sonia Bergamasco (Livia), Greta Scarano (Antonia).




Carmelo Catalanotti, regista teatrale e fondatore di una sua propria compagnia, viene trovato ucciso in casa propria. Indagando, Montalbano scopre che l'uomo, oltre a essere usuraio, aveva inventato un suo personale metodo recitativo che imponeva a tutti coloro che appartenevano alla sua compagnia e che consisteva nel carpire attraverso vere e proprie torture le emozioni più oscure dell'aspirante attore di turno. Contemporaneamente, c'è da risolvere un caso riguardante Mimì e un misterioso cadavere sparito....


Ancora non mi sembra vero: dopo 23 anni e 37 episodi, anche la serie del Commissario Montalbano è giunta al termine: questo infatti è l'ultimo episodio della serie tv, anche se quella letteraria conta ancora due libri. 

Francamente spero che ci ripensino, e non solo per l'affetto che porto verso questa serie e i suoi personaggi: va bene che la bellezza e il fascino dei primi episodi è ormai da tempo perduta - anche se tutti gli episodi sono comunque belli e valevoli- ma in questo episodio ci sono alcune cose che stonano e che, come episodio conclusivo, lasciano l'amaro in bocca. 

Primo fra tutti, inutile nasconderlo- e scusate lo spoiler (ma tanto visto che non legge nessuno mi permetto di scrivere quello che mi pare)- lo scivolone sentimentale di Montalbano che lo porta a lasciare la povera Livia per la più giovane collega Antonia, e a farlo addirittura per telefono: fatto che ha fatto inorridire migliaia di telespettatori (me compresa), e giustamente. Perchè va bene tutto: va bene che il realismo è importante, va bene che "niente è per sempre" (non sono d'accordo ma non importa), va bene che secondo molti la relazione tra i due era piuttosto particolare visto che non hanno mai nemmeno convissuto (se non per brevi periodi) e di persona non si vedevano nemmeno così spesso vista la distanza...ma a tutto c'è un limite: già la realtà è appunto quella che è, già viviamo in un periodaccio totalmente nero....lasciateci un po' di ottimismo, un filo di speranza, un barlume di serenità almeno nella finzione! E che diamine! 


Oltretutto rappresentare il commissario come il solito uomo di mezza età rimbecillito per la ragazza più giovane e senza particolari attrattive se non la gioventù e la bellezza fisica (ma la buona interpretazione di Greta Scarano ha regalato molto più fascino e consistenza a un personaggio che, letterariamente parlando, era piuttosto insipido), e infine farci vedere in pochissime scene il mitico Catarella non è che si proprio un finale degno di questo nome (come ripeto, il regista ha seguito fedelmente la trama del romanzo, ma nella serie letteraria sono presenti altri due libri....).

Per il resto la trama fila, le vicissitudini di Mimì con un misterioso cadavere che appare e scompare regalano momenti di divertimento all'interno di una storia in cui teatro e realtà s'intrecciano in modo molto stretto; ma come ultimo episodio- al di là di quanto già detto-non soddisfa.  Ripeto, anche se non ho letto gli ultimi due libri spero quindi che ci ripensino. 












venerdì 12 marzo 2021

Er Più- Storia d'amore e di coltello, 1971


Regia di Sergio Corbucci, con Adriano Celentano (Nino Patroni, detto ER Più), Claudia Mori (Rosa Turbine), Anita Durante (Teresa Patroni), Alessandra Cardini (Velia Patroni), Ninetto Davoli (Trottarello),Vittorio Caprioli (Er Cinese), Romolo Valli (il Maresciallo), Maurizio Arena (Bartolo Di Lorenzo).


Roma, 1900: Nino Patroni, detto Er Più", è il capo di Borgo, quartiere popolare romano. Rispettato da tutti (o  quasi) per le sue doti di comando e di coraggio, è fidanzato con la bellissima Rosa, della quale però è invaghito anche Augustarello, fratello del suo rivale Bartolo (detto "Er più di San Giovanni"). Seppure risse e provocazioni sono all'ordine del giorno, per un po' di tempo i due capi riescono comunque a mantenere l'ordine nei rispettivi quartieri; ma un giorno, durante una lite più violenta delle altre  quasi sfasciano un'osteria, causando l'intervento dei Carabinieri. Augustarello muore mentre scappa e il fratello, ritenendo responsabile Nino, giura vendetta....



Ispirato a un fatto di cronaca realmente avvenuto nella Roma dei primi del 1900, è uno dei pochissimi (anzi, solo due: l'altro è "Urlatori alla sbarra") film con Celentano che mi è piaciuto. Se l'Adriano cantante infatti in casa mia è una colonna portante della musica, l'Adriano attore e intrattenitore non ha mai riscontrato troppo consenso...anzi, quasi per nulla direi. 
Questo film invece mi è piaciuto, non tanto per la storia d'amore in sè (che ritengo piuttosto stereotipata) ma per tutto il contesto: innanzitutto l'ambientazione, la Roma dei primi del '900 mi ha sempre affascinato moltissimo, tanto più se si tratta dei piccoli borghi popolari ora spariti ma che rappresentavano un piccolo mondo a parte, e di fatto erano proprio organizzati in questo modo, con addirittura regole e leggi proprie che non prevaricavano sulla legge ufficiale ma piuttosto l'affiancavano (anche se il confine tra le due cose non è che fosse poi così netto e sicuramente capitava che l'asticella si spostasse con grande facilità). Poi lo stile con cui la storia viene raccontata, quello delle ballate popolari talvolta illustrate anche dai giornali che si usava molto all'epoca, e di cui ricalca l'archetipo non solo narrativo ma anche dei personaggi: l'eroe protagonista bello (si fa per dire visto che parliamo di Celentano) e coraggioso, il cattivo, l'antagonista che però ha una sua dignità, la bella di turno, il "coro" dei personaggi di contorno: tutti interpretati da un cast affiatato, il che contribuisce ad appassionare alla storia, che funziona più che bene a mio avviso e che il regista dirige ottimamente.
Certo il dialetto romanesco del milanese Celentano non è che sia il massimo, anzi, ma non si può pretendere tutto.
L'anno dopo il duo Franco e Ciccio girò, sempre negli stessi luoghi e con alcuni personaggi (tra cui Ninetto Davoli nei panni del conato de Er Più) la parodia- seguito "Storia di fifa e di coltello- Er seguito der più".






martedì 9 marzo 2021

Marie Antoniette, 2007


Regia di Sofia Coppola, con Kirsten Dunst (Maria Antonietta), Jason Schwartzman (Luigi XVI), Rip Torn (Luigi XV), Marianne Faithfull (Maria Teresa D'Austria), JAmie Dornan (Hans Axel di Fersen), Steve Coogan (Conte de Mercy), Asia Argento (Madame Du Barry), Rose Byrne (Duchessa di Polignac).




Francia 1769: la principessa austriaca Maria Antonietta, figlia dell'imperatrice Maria Teresa, viene mandata in Francia per sposare Luigi Augusto, nipote di Luigi XV, matrimonio combinato dai due sovrani in carica per suggellare l'alleanza tra i rispettivi Paesi.
Maria Antonietta ha solo 14 anni e da subito la vita a corte non è semplice per lei: completamente sola (può contare solo sull'ambasciatore De Mercy), è malvista da molti perchè austriaca e si trova ad avere a che fare, oltre che con abitudini e costumi totalmente diversi, con un fidanzato (poi marito) goffo e bruttarello. Adattarsi per la giovane principessa è dura, e per consolarsi si sfoga in eccessi.....




Con questa pellicola Sofia Coppola rilegge in chiave pop la storia di Maria Antonietta, personaggio che non ha certo bisogno di presentazioni. 
Basandosi in larga parte sulla biografia di Antonia Frazer "Marian Antonietta- La solitudine di una regina" la regista rende un po' di giustizia a una figura storica odiata dai contemporanei e fortemente travisata nel corso dei secoli successivi, mostrandola per quello che in realtà era: una ragazzina privata molto presto della sua famiglia (che non rivide mai più, a parte il fratello Leopoldo che andò a trovarla a Versailles) delle sue abitudini e di quella che era stata fino ai 14 anni la sua vita per essere catapultata in un'età adulta ostile come il mondo in cui le capitò in sorte di vivere. Per quanto preparata potesse essere fin da piccolissima a questa prospettiva di vita (cosa normalissima ) non deve essere stato facile per Maria Antonietta affrontare tutto ciò; logico che abbia fatto molti sbagli, tra cui rifugiarsi negli stravizi e negli eccessi che le venivano offerti (non era certo l'unica alla corte, comunque). La regista sceglie di seguire la giovane Delfina , poi regina, nel suo percorso di vita che comprende anche il cambiamento dovuto all'età,  accompagnandola fino alla maturità e al triste momento dell'inizio della rivoluzione. Sopratutto il fatto di diventare madre segnò per Maria Antonietta una crescita e una maturità che però la allontanarono ancora di più dal popolo francese nonostante segnasse anche la fine degli eccessi per cui veniva spesso criticata e che rappresentavano semplicemente la compensazione alla solitudine e alle frustrazioni con cui doveva convivere ogni giorno. 

La protagonista è ottimamente interpretata da Kirsten Dunst che riesce a essere sempre credibile pur passando da ragazzina ingenua a giovane donna con una certa dose di malizia naturale, fino al ruolo più maturo di madre e regina che avverte che il suo destino sta per compiersi. Molto adatta anche fisicamente per la sua bellezza. 
Anche l'attore che interpreta Luigi XVI è molto bravo nel ruolo che ricopre, e come coppia funzionano in modo credibile mostrando come con il tempo i due coniugi riuscirono comunque a costruire un rapporto di affetto nonostante le difficoltà iniziali. 
La parte del leone ovviamente la fanno le scenografie, i costumi e le ambientazioni: girato realmente per gran parte all'interno di Versailles (autorizzazione data senza precedenti nella storia), i costumi sono opera della costumista italiana Milena Canonero (premio Oscar 2007 per i migliori costumi) e le scarpe ideate e prodotte d Manolo Blahnik. Il risultato e un insieme di creazioni colorate, particolari e stravaganti, il tutto accompagnato da una colonna sonora basata sulla commistione di pezzi moderni riadattati in uno stile classico adatto alla musica dell'epoca (cosa che personalmente amo molto e la ritengo molto interessante).
Una nota stonata, l'inspiegabile scelta di Asia Argento nel ruolo della DuBarry. E mi limito a dire questo per educazione....






sabato 6 marzo 2021

Il commissario Ricciardi, 2021

 


Regia di Alessandro D'alatri, con Lino Guanciale (Luigi Alfredo Ricciardi), Antonio Milo (Raffaele Maione), Enrico Ianniello (Bruno Modo), Fabrizia Sacchi (Lucia Maione), Maria -vera Ratti (Enrica Colombo), Serena Iansiti (Livia Lucani), Nunzia Schiano (Rosa Vaglio),Adriano Falivene (Bambinella), Mario Pirrello (Angelo Garzo), Marco Palvetti (Falco).


Napoli, 1931: Luigi Alfredo Ricciardi è un commissario di polizia che custodisce un segreto molto particolare: se passa in un luogo che è stato teatro di un delitto o di un fatto violento, vede i fantasmi delle vittime che ripetono l'ultima frase che stavano dicendo o pensando nel momento della morte, fino a quando non hanno ricevuto giustizia. A causa di questa pesante situazione rifiuta ogni legame sentimentale- fatta eccezione per la fidata governante Rosa, che lo ha cresciuto dopo la morte della madre- anche se è innamorato di Enrica, la giovane dirimpettaia che vive nel condominio di fronte a casa sua...



Tratto dalla serie di romanzi di Maurizio De Giovanni, inizio subito dicendo che è una delle più belle serie tv degli ultimi anni, mi ha appassionato davvero tanto, come da tempo non capitava con altri prodotti che pure mi sono piaciuti. 

Ambientato in una Napoli insolitamente silenziosa e malinconica, la cui bellezza antica viene sottolineata da una fotografia dai colori scuri e quasi fumosi in linea con la cupezza delle storie e dell'animo del protagonista: Luigi Alfredo Ricciardi è un commissario di polizia in realtà di nobili origini, che ha scelto questo lavoro per soddisfare almeno in parte il suo senso della giustizia che gli deriva anche da una particolarità che non ha mai condiviso con nessuno: è dotato di una specie di "potere" che lui chiama "Il fatto" che gli permette di vedere gli spettri delle persone morte in modo violento nei luoghi del decesso, mentre ripetono ossessivamente la frase che stavano dicendo o pensando nel momento del trapasso, fino a che non viene resa loro giustizia.


Questo segreto condiziona pesantemente la sua vita, perchè non potendo condividerlo con qualcuno ha deciso di isolarsi e persino di non formare una famiglia, avendo paura di trasmettere "il fatto2 a eventuali figli (lui stesso l'ha ereditato dalla madre). Tuttavia i suoi affetti, seppure pochi, sono forti e sinceri: l'anziana tata Rosa che l'ha cresciuto dopo la morte della madre, il fidato brigadiere Maione, il medico legale dottor Modo ed Enrica, la giovane dirimpettaia di cui è innamorato e con cui scambia da tempo intensi sguardi dalla finestra, senza avere il coraggio di farsi avanti (sempre per il suddetto motivo) e tenendo la ragazza nell'incertezza. Gli sguardi tra Ricciardi ed Enrica sono pura poesia, un modo di corteggiare antico che forse qualcuno di noi ricorda per averlo sentito da storie dei nostri nonni o bisnonni e a cui da tempo non siamo più abituati non solo nella finzione ma anche nella realtà, e sono sicuramente una delle cose più belle e meglio riuscite della serie. 

Le storie che compongono le sei puntata mantengono come titolo il romanzo di turno a cui fanno riferimento: storie di miseria morale causata talvolta (ma non sempre) da quella materiale, storie di un umanità variegata e misteriosa, dove passioni, drammi,segreti  guidano spesso le azioni delle persone anche in maniera inconsapevole e dove a volte non sempre il colpevole materiale è il cattivo della situazione. Dato che siamo negli anni '30 non può che avere una parte preponderante la violenza del fascismo, dato che Ricciardi per i suoi modi liberi appare subito inviso all'antipatico questore e alle squadracce che girano per la città. Tra i personaggi secondari ho amato in particolare modo il brigadiere Maione e la sua famiglia, una bella famiglia unita nonostante il dolore, e Bambinella, il femminiello informatore di Maione (una grande prova per l'attore Adriano Falivene). 

In ultimo non posso non citare la sigla "Maggio se ne va", un vecchio pezzo di Pino Daniele che si adatta perfettamente alla storia e secondo me ne racchiude le caratteristiche principali. 

Concludo qui non avendo citato tutti i personaggi e tutti ciò che mi è piaciuto per non dilungarmi troppo; non vedo l'ora che facciano una seconda serie e anche di leggere i romanzi di questa serie!








martedì 2 marzo 2021

Persuasione (Persuasion), 2007

 


Regia di  Adrian Shengold, con Sally Hwkins (Anne Elliot), Rupert Pnery-Jones (FRederick Wentworth), Anthony Head (Sir Walter Elliot), Julia Davis (Elizabeth Elliot),  Amanda Hale  (Mary Elliot), Alice Krige (Lady Russell), Jennifer Higham (Louisa Musgrove).


La giovane Anne, figlia di un baronetto, s’innamora ricambiata di Frederick, un giovane militante della Marina, inviso però alla sua famiglia, che la convince a lasciarlo per paura delle chiacchiere della gente ( essendo lui di una classe sociale inferiore).Nove anni dopo, all’età di 28 anni, Anne è ormai considerata una zitella senza speranza, che dolcemente si occupa dell’anziano padre, dei nipotini , delle sorelle. Apparentemente scialba e senza pensieri, in realtà Anne ama ancora il suo Frederick con una passione che nessuno immaginerebbe in lei.E viene premiata quando lo rincontra a un ricevimento di conoscenti: ora lui è un ricco Capitano di Marina, quindi non ci sarebbero problemi, ma l'uomo è ancora ferito dal rifiuto passato...



Versione BBC dell'omonimo romanzo ( ) di Jane Austen,  è la storia di un amore che sboccia di nuovo  dopo tanti anni, e che deve superare difficoltà e pregiudizi esterni ed interni ai due protagonisti.

La protagonista, Anne, ha 28 anni: per l'epoca in cui è ambientata la storia, è ormai una zitella senza speranza, tanto più che non è nemmeno avvenente. E' molto amata dai suoi familiari e dai conoscenti per il suo buon carattere, ma sembra proprio non avere più alcuna possibilità di accasarsi. Eppure nove anni prima anche Anne aveva conosciuto l'amore, e le si era presentata l'occasione di "spiccare il volo" (per quanto possibile per una donna dell'epoca ovviamente). Peccato che il prescelto, Frederick, fosse un semplice marinaio non di nobile origine, contrariamente alla famiglia della ragazza, che essendo appunto molto giovane si lasciò influenzare dal padre, dalle sorelle e da Lady Russell (amica di famiglia e punto di riferimento per Anne dopo la morte della madre), persone che tengono in grande considerazione lo status sociale nonostante siano praticamente con le pezze alle ginocchia. 


Questa trasposizione in due puntate è molto bella, fedele all'atmosfera delicata e matura del romanzo originale, con protagonisti dai volti comuni e non tipicamente bellocci, in particolare la protagonista Sally Hawkins molto intensa nel ruolo di Anne, in particolare nelle scene introspettive dove si vede un intenso lavoro a livello espressivo per far trasparire i sentimenti del personaggio. Il percorso dei due innamorati nel ritrovarsi dopo tanto tempo e tanti avvenimenti, il loro cammino di riconciliazione e riavvicinamento non è semplice ed è narrato in maniera giustamente graduale, senza affrettarlo come spesso si usa fare nei alvori di questo tipo. Ottime ricostruzioni di ambienti e costumi, devo dire che mi è piaciuto molto di più del comunque apprezzabile film del 1995.