Regia di Roman Polanski, con Barney Clark(Oliver Twist),Ben Kingsley (Fagin),Jamie Foreman (Bill Sikes),Leanne Rowe (Nancy).
Nella Londra dell’ottocento l’orfano Oliver Twist scappa dalll’orfanotrofio dove lo maltrattavano, e finisce in una banda di ragazzini addestrati da un vecchio ebreo a derubare i passanti.Oliver però non ci sta e dopo essere stato arrestato al posto dei compagni chiede scusa all’uomo derubato, il signor Brownlow, che impietosito decide di accoglierlo in casa sua e allevarlo.Anni prima una nipote dell’uomo, rimasta incinta e cacciata dalla famiglia, era morta proprio nell’orfanotrofio dove è cresciuto Oliver…
Tratto da un altro capolavoro di Charles Dickens OLIVER TWIST (1837-1839),il film è l’ultima versione cimato grafica in ordine di tempo di questa celeberrima storia,ed è il film che segna il ritorno alla regia di Roman Polanski dopo un lungo periodo di tempo. Il regista offre una trasposizione abbastanza fedele del romanzo(con alcuni incomprensibili cambiamenti), di pregevole qualità, una versione che conserva intatto lo spirito dickensiano imprescindibile dalla storia. Ma in realtà c’è dell’altro:per ammissione dello stesso regista, il personaggio di Oliver è ricalcato sul regista bambino che ha avuto un’infanzia molto simile a quella del protagonista del romanzo, a causa della persecuzione nazista (quando il piccolo Polanski viveva nel ghetto di Cracovia da cui si salvò, ma la madre morì ad Auscwitz).Un’infanzia segnata dalla miseria morale e materiale che si scontra con il candore e l’onestà di fondo di ogni bambino;Oliver, è costretto a vivere in un mondo duro e precario anche per un adulto,rubando per sopravvivere,tra maltrattamenti e brutture che però non inficiano la sua onestà d’animo originale.
Il lieto fine arriva e per Oliver è sicuramente meritato,ma tutte le peripezie che dovrà affrontare non lasceranno sicuramente indifferente , merito soprattutto, oltre che di una sapiente regia e di ottimi attori e soprattutto di alcuni ottimi accorgimenti tecnici come una fotografia in cui domina un buio sporco, per nulla gotico ma carico invece delle scorie prodotte dall'abbrutimento dell'essere umano al contempo carnefice e vittima nel tragico incedere dell'industrializzazione forzata. La luce di una bella giornata di sole è un fatto quasi incidentale, secondario, non "normale".
Un bel film tratto da un romanzo, come non sempre se ne vedono, che il regista ha dedicato ai suoi figli, avendo deciso di fare un film che anche loro potessero vedere e capire facilmente.
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