venerdì 30 dicembre 2011

Il Decameron, 1971




Regia di Pierpaolo Pasolini, con Franco Citti (Ser Ciappelletto), Ninetto Davoli (Andreuccio da Perugia), Pierpaolo Pasolini (allievo di Giotto), Vincenzo Amato (Masetto da Lamporecchio), Elisabetta Genovese (Caterina), Silvana Mangano (la Madonna).

Alcuni episodi tratti dalla famosa raccolta di novelle di Giovanni Boccaccio:
 

  • Giornata II, novella V - Il giovane Andreuccio viene truffato due volte, ma finisce col diventare ricco.
  • Giornata IX, novella II - "Una badessa riprende una consorella ma è a sua volta ripresa per il medesimo peccato" (Tradotta in napoletano da un vecchio ascoltato dalla folla)
  • Giornata III, novella I - Masetto si finge sordo-muto in un convento di curiose monache.
  • Giornata VII, novella II - Peronella è costretta a nascondere il suo amante quando suo marito torna improvvisamente a casa.
  • Giornata I, novella I - Ciappelletto si prende gioco di un prete sul letto di morte.
  • Giornata VI, novella V - L'allievo di Giotto aspetta la giusta ispirazione.
  • Giornata V, novella IV - Caterina dorme sul balcone per incontrare il suo amato la notte.
  • Giornata IV, novella V - I tre fratelli di Lisabetta si vendicano del suo amante.
  • Giornata IX, novella X - Il furbo don Gianni cerca di sedurre la moglie di un suo amico.
  • Giornata VII, novella X - Due amici fanno un patto per scoprire cosa accade dopo la morte.

Come sopra detto, il film è la parziale riduzione cinematografica dell’ opera boccaccesca( 1349-1353), pietra miliare della letteratura.
I film di Pasolini non mi sono mai piaciuti, ma dò atto la regista di aver saputo in questo caso intraprendere un’operazione non certo facile -né dal punto di vista della realizzazione né dalla immancabili critiche già da prima che il film venisse girato- in modo maturo e rispettoso dell’opera originale, che nonostante lo scandalo dei perbenisti, se uno si prnede la briga di leggerla per intero è abbastanza sboccata, soprattutto considerando l’epoca in cui fu scritta.
Personaggi e ambientazioni sono riportati fedelmente sia come costumi, che come storie e caratteri, forse sarebbe stato meglio nella storia di Lisabetta da Messina un poco più di pathos, ma non trovo che questo sia necessariamente un difetto.
Presenti ovviamente gli attori feticcio di Pasolini, ovvero Ninetto Davoli e Franco Citti, più un toccante cameo di Silvana Mangano in uno die suoi ultimi ruoli, ben lontani da quelli sexy degli anni ’50 che l’avevano resa celebre. Nell’episodio di Giotto troviamo a interpretare il celebre pittore proprio Pasolini stesso.
Il film vinse l’Orso d’argento al XXI Festival di Berlino e incassò al botteghino ben 4 miliardi di lire, cifra record per l’epoca.

Alla rivoluzione sulla due cavalli, 2001


 
Regia di Maurizio Sciarra, con Adriano Giannini (Marco), Andoni Garcia  (Victor), Gwenelle Simon (Claire), Francisco Rabal (zio Enrique), Oscar Ladoire (conte Agarruez).

Il 25 aprile 1974 scoppia in Portogallo la famosa “rivoluzione dei garofani”, grazie alla quale il Paese viene liberato da una dittatura di 48 anni.
Victor, un giovane portoghese che vive a Parigi con l’amico italiano Marco, decide di tornare immediatamente in patria per assistere al grande evento; con lui partono anche Marco e Claire, la sua ex fidanzata.
Il viaggio, compiuto sulla Due Cavalli di Marco, sarà emozionante e significativo per tutti e tre…


Tratto dal romanzo omonimo di Marco Ferrari, è uno dei pochi film che  racconta- anche se in maniera non approfondita- un episodio di storia di cui si parla poco: la “rivoluzione dei garofani” , la famosa rivolta in cui il 25 aprile del 1974 l’esercito si schierò a fianco del popolo facendo finire in maniera pacifica e con pochissimi morti la dittatura che per 48 anni aveva regnato nel Paese (per chi fosse interessato un altro film sul tema è CAPITANI D’APRILE di Maria de Medeiros, con Stefano Accorsi).
Qui la parte del leone è quella classica del viaggio on the road che si rivelerà viaggio di formazione (fino a un certo punto, visto che non pare che alla fine i protagonisti abbiano preso coscienza di qualcosa riguardo alle loro vite), non vi è nulla di nuovo o particolare dal punto di vista narrativo, nemmeno da quello dei personaggi: abbiamo il solito terzetto composto dal giovane cialtrone e Peter Pan, dall’amico serio e posato e dalla ragazza amata da entrambi che fugge da una vita monotona.
Ciononostante è un film carino e gradevole, i personaggi sono comunque simpatici e soprattutto, oltre ad avere l’occasione di conoscere un episodio dimenticato di storia recente, è un film che rispecchia l’atmosfera della sua epoca, gli anni ’70….tutt’altro mondo da oggi, diciamocelo.
Il personaggio forse più intenso e incisivo è quello dell’anziano zio interpretato dal regista spagnolo Francisco Rebal, qui alla sua ultima apparizione, in quanto morì poco dopo l’uscita del film.
Splendidi paesaggi e avventure divertenti e malinconiche….penso possa bastare per dargli almeno la sufficienza, anche se mi pare esagerato l’avergli assegnato  il Pardo d’oro al Festival di Locarno del 2001( anche se bisogna vedere gli altri concorrenti…).
I critici però hanno ravvisato molti scopiazzamenti con altri film del genere , soprattutto MARRACHECH EXPRESS e MEDITERRANEO, sui comunque riporto solo i giudizi letti su giornali e internet in quanto non ho visto  due film suddetti.




Il momento di uccidere (A time to kill ), 1996


Regia di Joel Schumacher, con Mattew McConaughey (Jake Brigance ), Samuel L. Jackson (Carl Lee Hailey), Sandra Bullock (Roark ), Kevin Spacey ( ), Ashley Judd (Carla Brigance ), Kiefer Sutherland ( ).

Il nero Carl Lee uccide due uomini bianchi che, nonostante avessero stuprato sua figlia di dieci anni, erano stati condannati a una pena mite. Ovviamente viene arrestato e al processo è difeso dall’avvocato bianco Jake Brigance, che con l’aiuto della studentessa universitaria Roark, cerca di salvarlo dalla pena capitale…

Tratto dall’omonimo romanzo (1989) di John Grisham, il film tratta due temi molto importanti e sentiti dal pubblico, in particolare quello americano: la disparità della giustizia che purtroppo molte volte ancora abbiamo nei processi sui neri e il perenne dilemma se sia giusto o no che un cittadino possa farsi giustizia da solo.
La storia a volte è abbastanza piena di retorica, ma certamente credo si possa dare atto a Samuel L. Jackson di aver espresso molto bene le luci e le ombre del suo personaggio; Carl Lee-nonostante sia ovvio che la simpatia del pubblico vada a lui-  infatti è sì vittima del razzismo, ma a sua volta è razzista anche lui nei confronti dei bianchi, anche di quelli che lo difendono. Come dice lui stesso all’avvocato, le loro due figlie non potranno mia giocare insieme perché una è bianca e l’altra nera; non dà quindi nessuna possibilità nemmeno a chi gli tende una mano, e non solo per scarsa fiducia dovuta alla tragedia vissuta dalla sua famiglia, ma perchè le sue convinzioni sono sempre state queste. Sebbene i bianchi vengano rappresentati in massa come seguaci del Ku Klux Klan, non mancano i personaggi che invece parteggiano per Carl Lee, a partire dall’avvocato che lo difende (un incolore, come sempre, Matthew MacConaughey) e dal tema che lo aiuta (spicca, come una specie di Grillo Parlante, una giovane Sandra Bullock in uno dei suoi primi ruoli di rilievo).
Alla fine una stretta di mano tra avvocato e assistito durante una festa in famiglia sembra sancire un velo di speranza che il muro del razzismo possa essere abbattuto, con la buona volontà di tutti.
Il ritmo del film è abbastanza serrato (cosa tipica nei film tratti dai romanzi di John Grisham) e, dato il tema, molte scene sono abbastanza crude. Non certo da premio Oscar, ma comunque un buon film che può servire ad approfondire certe tematiche.


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I fratelli Karamazov (Karamazov), 1958

Regia di Richard Brooks, con Yul Brynner (Dimitri Karamazov),Richard Basehart(Ivan Karamazov),Lee J. Cobb(Fedor Karamazov),Maria Schell (Grusènka),Claire Bloom (Katerina Ivanovna).

Russia,metà Ottocento.Dimitri,Ivan e Alekseji(detto Alioscia)Karamazov sono tre fratelli, figli del vecchio e depravato Fedor Karamazov,che ha dissipato in gozzoviglie e vizi tra i più laidi tutto il patrimonio suo e pure quello che i figli avevano ricevuto in eredità alla morte delle rispettive madri( Dimitri è figlio della prima moglie, gli altri due della seconda).
Ciò è motivo di un’accesa disputa tra Dimitri e il padre, accresciuta dal fatto che entrambi sono invaghiti di Grusènka,una giovane popolana molto bella.Gli altri due fratelli assistono al conflitto impotenti; quando Fedor viene ritrovato assassinato,Dimitri è l’indiziato principale, ma questi giura di essere innocente…


Tratto dal capolavoro(1879) di Fedor Dostoevskij, è  il tipico film Hollywoodiano che pur di regalare agli spettatori un lieto fine stravolge la trama di un intero romanzo.Solitamente non amo questo tipo di film proprio per questo motivo, ma questo rappresenta evidentemente l’eccezione alla regola, visto che mi è piaciuto molto(tra l’altro leggevo il romanzo per la prima volta quando l’ho visto, l’avevo quasi finito).
I caratteri dei personaggi sono un poco tagliati con l’accetta, a parte il viscido Fedor e il tormentato Ivan che giustamente sono due personaggi estremi,e come tali quindi rappresentati;comunque ottime l’interpretazione di Yul Brynner nei panni di Dimitri e di Richard Basehart nei panni di Ivan;la Grusènka di Maria Schell invece aderisce un po’troppo al ruolo di “bella sfortunata” cui invece nel romanzo si discosta molto, nonostante anche nel film ci siano dei momenti in cui si cerca di approfondire il suo personaggio. Incolore l’Alioscia dello sconosciuto attore che l’interpreta:peccato perché è un personaggio molto interessante!
Come dicevasi sopra, il finale stravolge la storia rispetto al romanzo,nonostante tutto il film credo non  deluderà gli amanti del romanzo( come me), in quanto la storia è raccontata col giusto pathos,soprattutto la parte del processo.Da vedere comunque.


The Box, 2010

   

Regia di Richard Kelly,  con Cameron Diaz (Norma Lewis), James Marsden (Arthur Lewis), Frank Langella (Arlington Stewart), Sam Oz Stone (Walter Lewis), James Rebhorn (Norm Cahill).


1975, Norma e Arthur Lewis sono una comune coppia Americana, lei insegnante e lui tecnico della Nasa (o altro ente faci simile, da quello che ho capito).
Una Norma trova davanti alla porta di casa un pacchetto contenente una strana scatola e un biglietto, che avvisa che il signor Steward passerà nel pomeriggio alle cinque; ciò succede , e il misterioso uomo sfigurato che si presenta in casa Lewis presenta a Norma una terribile proposta: se premeranno il pulsante sulla scatola, una  persona a loro sconosciuta morirà ma avranno un milione di dollari; se invece rinunceranno  premerlo avranno solo cento dollari come risarcimento per il disturbo. Per decidere hanno a  disposizione ventiquattro ore.
Se inizialmente i due coniugi sono ben fermi nel rifiutare tale proposta, col passare delle ore la tentazione si fa più forte, complice anche una buona dose di incredulità; ma le conseguenze di ogni gesto saranno veramente imprevedibili e catastrofiche…


Tratto dal romano omonimo di Richard Matheson , è uno di quei film tanto cari agli americani, con la Cia, la Nasa, l’ FBI e chi più ne ha più ne metta che complottano a tutto spiano coinvolgendo ignari cittadini ( che manco a dirlo saranno gli unici a fare le spese della loro malvagità) per avere il potere nel mondo.
Naturalmente le cose sono talmente inverosimili ed esagerate che solo agli amanti del genere, o al limite a quelle persone che vedono il nemico dappertutto, potrà piacere; alla sottoscritta certamente no, tant’è vero che, nonostante le buone interpretazioni degli attori e il ritmo sostenuto, tutti questi colpi di scena e complotti uno di seguito all’altro hanno ispirato solo una grandissima noia….devo avere pure dormicchiato!
Tant’è vero che, durante la visione, la mia mente andava a questi pensieri:

-          Domani devo stirare, che balle!
-          Ad Anastasia bisogna fare proprio tutto, pure sparecchiargli il bicchiere dal tavolo, ma non è possibile, non se lo può fare da solo?!
-          E speriamo che, se viene il temporale mentre io e G. siamo fuori, gli venga in mente di alzarsi a chiudere le finestre in TUTTE le stanze della casa ! ( Eh si, manco quello a volte fa….)…altrimenti che disastro!
-          Su La5 fanno KISS ME LICIA, evvaiiiiiiii!
-          Sempre su La5, rifanno IL SANGUE E LA ROSA, se sono a casa lo guardo ma solo per vedere Gabriel Garko nudo….
-          Che balle questo film , per fortuna domani sera mi consolo con THE TUDORS….
-          Questa settimana ho mangiato troppo, la prossima devo regolarmi!
-          Certo che gli americani non devono avere molta fiducia nelle istituzioni deputate alla loro sicurezza per pensare le minchiate narrate in questa storia….


Tiziana



Piccole donne (Wakakusa monogatari yori Wakakusa no yon shimai), 1981




Regia di Kazuya Miyazaki, serie animata in 26 episodi.


Trasmesso da Canale 5 nel 1982, sigla “Tutti abbiamo un cuore”, cantata da Cristina D’avena.


Durante la Guerra di Secessione le quattro sorelle March, Meg, Jo, Beth e Amy vivono insieme alla madre una vita felice e serena, pur se tra le ristrettezze e la preoccupazione per il padre soldato.Tra le quattro ragazze, molto unite tra di loro seppur tanto diverse di carattere, spicca come personalità Jo,che avrebbe voluto nascere maschio, aspira all’indipendenza e sogna di fare la scrittrice; è lei la voce narrante della storia, che ci racconta anche del loro amico Laurie, un ragazzo ricco ma solo, di suo nonno, un uomo apparentemente burbero e severo ma col cuore d’oro, della severa zia March, che però è sempre pronta ad aiutare le nipoti nel momento del bisogno. E soprattutto ci racconta di lei e delle sue sorelle: Meg, la maggiore, che ama l’eleganza anche tra le ristrettezza cui è costretta; Beth, la sorella dolce e tranquilla, che ama suonare il piano; Amy, la più piccola,un poco capricciosa e vanesia, con la passione per il disegno e l’arte.

E’ il primo dei due cartoni animati tratti dal romanzo di Louisa May Alcott, (1868), uno dei miei preferiti quando ero piccola (sia il libro che il cartone).
E’ una serie abbastanza fedele alla storia anche se, come sempre nei cartoni, vengono talvolta  introdotte situazioni non presenti ne romanzo: qui la più significativa è la storia(in un episodio) del ragazzo nero che, sfuggito al padrone che lo maltrattava, viene aiutato dalla famiglia March. Episodio che serve ovviamente a far capire ai bambini i motivi della guerra d’Indipendenza nominata nella storia attraverso la figura del padre delle ragazze.
Certo non ho mai capito perché abbiano disegnato Jo così brutta rispetto alle sue sorelle! Per il resto, ricordo bene l’episodio della morte del canarino di Beth, o gli episodi sulla malattia della stessa, o anche l’episodio in cui Amy per vendicarsi di Jo le brucia il suo manoscritto, o quello in cui Amy viene bacchettata dal maestro perché aveva portato delle caramelle a scuola: episodi, questi ultimi due, tralasciati dalle versioni tv e cinematografiche.
Mi piacerebbe molto rivederlo, ma sono anni che non lo fanno!

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giovedì 29 dicembre 2011

Una lunga domenica di passioni ( Un long dimanche de fiançailles), 2004

   
   
Regia di Jean Pierre Jenuet , con Audrey Tatou ( Matilde ), Gaspard Ulliel ( Manech ), Dominique Pinon ( Sylvain ), Marion Cotillard ( Tina Lombardi ), Jodie Foster ( Elodie ).
 
Matilde è una giovane orfana poliomielitica allevata dagli zii, che aspetta fiduciosa il ritorno del fidanzato Manech dal fronte della prima guerra mondiale.E quando arriva la notizia che il ragazzo è stato fucilato con altri quattro compagni per diserzione. Matilde non crede nemmeno per un istante a ciò: lei sostiene di aver mantenuto con l’amato un legame speciale e invisibile che non si è mai spezzato, quindi è certa sia ancora vivo.Decide così di partire da sola alla volta di Parigi per scoprire cosa è successo in realtà a Manech, e durante il viaggio, aiutata solo da uno stravagante amico, verrà suo malgrado a conoscenza anche delle storie degli altri condannati…

Tratto dall’omonimo romanzo ( 2005 ) di Sebastien Japrisot,è un film particolare ma coinvolgente, anche se vengono usati toppi flashback per i miei gusti! Tecnica del resto necessaria per illustrare tutti i vari indizi che la nostra protagonista scopre durante la sua ricerca.
Il film è affollato di personaggi a loro modo speciali e particolari: la vendicativa prostituta corsa, il prete incline a rivelare la verità solo a metà, un pappone vigliacco che si riscatterà solo dopo morto, il giovane e romantico  guardiano del faro catapultato nella terribile realtà della guerra e tanti altri, capitanati dalla protagonista Mathilde,cui Audrey Tatou presta il suo volto infantile e ingenuo in un personaggio che ricorda molto il film che le regalò successo planetario, IL FAVOLOSO MONDO DI AMELIE ( tanto che il film venne soprannominato all’uscita “Amelie va alla guerra” ). rece73Perché la forza di Mathilde è proprio quella che potrebbe a chiunque apparire una debolezza, cioè la sua fiducia e il suo ottimismo che nulla riesce a scalfire, né la malattia che l’ha invalidata né la tragica notizia della morte di Manech; accanto a lei, complici loro malgrado nel ricostruire un ampio affresco di un’epoca, molti attori francesi che io personalmente non conosco ma che ho trovato molto intensi ed espressivi, e una Jodie Foster in un ruolo minore e francamente “gelida”.
Il finale è inaspettato e spiazzante, ma comunque penso che a molti piacerà.





 
   

Heidi ( Alps no Shojo Heidi), 1979

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Regia di Hayao Mizaki, trasmesso in Italia nel 1979. Serie di 52 puntate.

La piccola orfana Heidi vive con la zia Dete in un paesino di montagna, ma quando la donna trova lavoro in città è costretta a lasciare la bambina col vecchio nonno, che lei non conosce e che vive sui monti in totale isolamento.E’ conosciuto per essere un uomo burbero e rigido,solitario, senza amici né affetti. Ma ben presto il nonno si affeziona alla bambina, la quale dal canto suo si trova benissimo nei prati di montagna a giocare tutto il giorno con le caprette, il cane Nebbia e l’amico pastorello Peter…

Quest’anno la piccola Heidi, protagonista di uno dei cartoni più amati, ha compiuto trent’anni(come la sottoscritta). Tratto dal romanzo omonimo di Johanna Spiry(1880), HEIDI non è il primo cartone a puntate trasmesso in Italia, ma sicuramente è stato il primo grande successo animato di questo tipo. Successo che dura ancora oggi, e che non conosce sosta, visti i vari gadget,libri e giochi che riguardano la piccola montanara,e  che ancora oggi sono richiestissimi dai bambini.Io stessa da piccolina avevo la bambolina di Heidi e il disco (che conservo tutt'ora).
Anche Heidi, come tanti suoi colleghi di cartone, è il tipico esempio di bambina felice nonostante le sfortune; del resto la bambina è sì, orfana, ma cresciuta da uan zia magari non affettuosissima ma di certo non cattiva, e lasciata poi col burbero nonno, che in realtà semplicemente non è abituato a stare con gli altri. Va da sé che la presenza di Heidi cambierà anche la vita del nonno, ammorbidendolo di molto e rendendolo perfino un poco più socievole.
Il messaggio del cartone non è poi così scontato: HEIDI è sì l’inno alla vita bucolica contro la vita cittadina inquinata(nell’800!) e caotica, ma qua e là si leggono anche messaggi di altri tipo, come la condanna del lavoro minorile a scapito dell’istruzione, la condizione di scarsa attenzione(purtroppo ancora presente oggi)verso gli invalidi, il danno che una solitudine prolungata può produrre su una persona e soprattutto la condanna dei pregiudizi.
Oltre ad Heidi, il personaggio più famoso di questo cartone è sicuramente l’acida (e a suo modo comica)signorina Rottermeier, la prima di uan lunga serie di insegnanti e istitutrici inflessibili, somiglianti a delle kapò, presente in vari cartoni (tra gli altri ricordiamo la signorina Ermelinda di MEMOLE e la terribile Miss Michin di LOVELY SARA).Ho trovato sin da piccola svenevole e capricciosa Clara, seppur giustificata in parte dalla sua condizione di invalida.
Finisco con una piccola annotazione personale:è il cartone preferito di mia mamma, che alla veneranda età di 60 anni ha fatto la collezione dei DVD…vabbè pure io l’ho fatta dei miei J!
La sigla, cantata da Elisabetta Viviani, entrò nei primi venti posti della hit parade, primo caso per un cartone animato.
Dal romanzo della Spiry sono stati tratti anche un film con Shirley Temple del 1937(intitolato ZOCCOLETTI OLANDESI), e una miniseria di quattro puntate nel 1993.



La gabbianella e il gatto, 1998




Regia di Enzo D’Alò, con le voci di: Carlo Verdone (Zorba),Sofia Baratta (Fortunata), Melba Ruffo(Bobulina),Luis Sepulveda(poeta), Antonio Albanese (Grande Topo).

Il gatto Zorba e i suoi amici trovano nel giardino di casa una gabbiana morente che affida loro il suo uovo, chiedendo di averne cura; nasce la gabbianella Fortunata, che i gatti allevano con amore..tant’è che lei crede di essere un gatto!Ma arriva il momento in cui Fortunata deve imparare a volare…

Tratto dal romanzo STORIA DI UNA GABBIANELLA E DEL GATTO CHE LE INSEGNO’ A VOLARE(1996 ) di Luis Sepulveda, è sicuramente l’esempio più lampante del livello qualitativo raggiunto in questi anni dall’animazione italiana, purtroppo ancora molto sottovalutata.
La storia del gatto Zorba e della gabbianella Fortunata ha conquistato milioni di fans con questo cartone, anche tra i bambini. L’animazione minimalista e “calda”, con disegni morbidi e colori pastello, dona un tocco poetico in più a una storia  che tocca temi profondi come la diversità e l’identità: la gabbianella Fortunata infatti, essendo cresciuta da un gruppo di amorevoli gatti, a sua volta crede di essere un gatto, e la scoperta della sua diversità le causerà uno sconvolgimento molto grave;nulla di drammatico, visto che alla fine tutto si risolverà….ma certamente qualcosa di abbastanza forte da far riflettere anche i bambini(verso cui il film è indirizzato).Impliciti anche numerosi temi ecologisti.
Anche l'autore del libro, Luis Sepulveda, ha partecipato alla sceneggiatura del film e ha doppiato il personaggio del poeta, padrone della gatta Bobulina
Anche la colonna sonora è molto curata, con canzoni di Samuele Bersani,Ivana Spagna e Leda Battisti.Insomma, davvero nulla da invidiare all’animazione americana…soprattutto a quella di oggi.
Il film ebbe un grosso successo di pubblico e critica, e vinse anche un Nastro D’argento e il premio del pubblico del Festival di Montreal.









Peter Pan, 2003

Regia di P.J. Hogan , con Jeremy Sumpter (Peter Pan), Rachel Wood (Wendy), Harry Newell (John), Freddie Poppelew (Michael),Jason Isaacs (Mr. Darling- Capitan Uncino), Ludivine Seigner (Campanellino).

Londra, inzio ‘900. I tre fratellini Darling Wendy, John  e Michael amano tantissimo ascoltare e rivivere giocando le avventure del loro eroe preferito Peter Pan, il bambino che vola e non vuole crescere. Ma papà Agenore è inflessibile: è ora che Wendy diventi grande e lasci perdere queste cose!Così una sera Peter, che è tornato aprendere la sua ombra rubatagli dal cane Nana, viene scoperto dai bambini e quando questi gli danno la ferale notizia, lui ha un’idea: li potrà con sé sulla sua isola, dove Wendy farà da mamma ai bimbi Sperduti ( i suoi seguaci) e così non cresceranno mai!
Inizia così una fantastica avventura che comprende anche la gelosa fatina Trilly, la squaw Giglio Tigrato e soprattutto il temibile Capitan Uncino, acerrimo nemico di Peter…

L’ultima versione cinematografica della celebra favola di James Matthew Barrie è probabilmente, tra tutte quelle realizzate, la più fedele al romanzo, seppur il regista si presti in alcuni punti a interpretazioni del tutto arbitrarie della storia, soprattutto nell’amicizia tra Peter e Wendy, qui vista come un “primo amore” per entrambi, relazione pura ma a tratti velata di un prematuro erotismo adolescenziale. Altra “licenza cinematografica”presa dal regista l’identificazione del padre col “cattivo”di turno, per questo la scelta di far interpretare entrambi i ruoli allo stesso attore, il peraltro bravo Jason Isaac (povero MR Darling,  però!).
Per il resto, come detto, il regista si attiene in maniera piuttosto fedele al testo, ricreando l’atmosfera magica e favolistica che si era persa strada facendo anche nella più celebre versione Disney (dove predomina l’avventura). Tutto ciò grazie anche a effetti speciali mirati a tale scopo; inoltre Peter Pan ritorna a essere quello che era in origine, cioè un bimbo scappato di casa per non crescere e adottato dalle fate,ciò viene evidenziato anche fisicamente tornando al costume semplice ritratto nelle illustrazioni del romanzo e anche nella famosa statua dedicargli nei Kensington Gardens a Londra, tralasciando quindi il folletto entrato nell’immaginario collettivo dopo il 1920. Si discosta anche dall’immagine di eterno bambino che noi conosciamo, per affrontare tematiche più adolescenziali o moderne.
I due giovani attori che interpretano i due protagonisti sono carini, simpatici, dolci e abbastanza bravi da non far rimpiangere il cartone. Credo che i fan della storia non rimarranno delusi da questa versione, anche se ovviamente va letta in chiave un poco più critica rispetto al cartone Disney.



martedì 27 dicembre 2011

One day, 2011

Regia di  Lone Scherfing , con Jim Sturgess (Dexter  Maeyew ), Anne Hathaway (Emma Morley), Rafe Spaley (Ian), Romola Garai (Sylvie), Ken Stott (Steven Maeyew).

Nel 1988 Emma e Dexter, due giovani laureandi, passano assieme la notte e la giornata del 15 luglio:  quel giorno nasce un’amicizia che durerà tutta la vita e li porterà a incotrarsi ogni anno il 15 luglio per fare il punto delle rispettive vite. Dopo  15 anni di avvenimenti finalmente arriverranno a capire la vera natura del loro legame, ma il destino è in agguato…

Tratto dal romanzo UN GIORNO (2009 ) di  David Nicchols , a essere sincera questo film non solo non mi è piaciuto ma nemmeno l’ho capito più di tanto. Lo spunto iniziale è interessante e originale, ma il film scorre troppo in fretta, lascia fuori troppe cose che andavano meglio approfondite sia tra i protagonisti, sia tra i personaggi seconda, sia nella storia stessa.
Insomma si corre fino al tragico finale un poco spiazzante. Ma si corre male…peccato perché i due protagonisti Jim Sturgesse e Anne Hataway sono davvero belli  come coppia e bravi come attori, avrebbero meritato di più!
Interessante la colonna sonora. 


Paper Moon- Luna di carta (Paper moon), 1973








Regia di  Peter Bogdanovich , con Ryan O’Neal (Moses Pray), Tatum O’Neal (Addie Pray), Madeline Khan (Trixie Delight), P.J. Johnson (Imogen).

Nrll’America della Grande Depressione, Moses Pray, venditore ambulante di Bibbie, si fa carico di Addie, una piccolo orfana di dieci anni molto scafata: insieme formano una società collaborando alla vendita delle bibbie e dividendo il ricavato per due.
La meta finale del viaggio dovrebbe essere la casa della zia di Addie, l’unica parente rimasta alla bambina; ma le avventure vissute durante il viaggio creano tra i due un rapporto molto speciale….


Tratto dal racconto ADDIE PRAY di Joe David Bowman, è una commedia anni ’70 atipica rispetto allo stile che andava per la maggiore in quegli anni.
Il regista Bogdanovich qui riprende lo stile dei film anni ’30 (periodo in cui è ambientata la storia), a partire da un azzeccato bianco  e nero e dal modulo “on the road”, molto simile ad ACCADDE UNA NOTTE- film del 1934 con Clark Galbe e Claudette Colbert, vincitore di vari premi Oscar e acclamatissimo- , scegliendo come protagonisti di questo viaggio formatico una coppia atipica: un uomo adulto, Moses Pray,venditore ambulante di Bibbie, e sua figlia,la scaltra Addie.
Per i due è il primo incontro: Moses ha saputo solo alla notizia della morte della madre di Addie che la bambina potrebbe (la sicurezza non c’è mai per tutto il film) essere sua figlia, ma essendo vissuto nell’irresponsabilità e alla giornata, l’unico impegno che riesce a prendere nei suoi confronti, anche dopo che è rimasta orfana, è quello di accompagnarla dalla zia che vive dall’altra parte degli Stati Uniti.
Il viaggio riserverà loro varie avventure, divertenti e non ma di poco conto, che però serviranno a far nascere e crescere un legame forse già naturalmente presente; senza contare che la piccola Addie si rivela essere molto più scafata e bizzarra del genitore. I duetti tra i due sono la parte migliore del film, e sicuramente il fatto che Ryan e Tatum O’Neal fossero padre e figlia nella realtà ha molto giovato alla dinamica della narrazione.
Soprattutto la bambina recita in modo sorprendentemente naturale, qualità importante che purtroppo,vista la sua carriera fallimentare, credo abbia perso per strada, coem succede del resto a molti bambini prodigio.
Nel 1974 Tatum O’Neal vinse l’Oscar come migliore attirce non protagonista per questo film, e a tutt’oggi rimane la più giovane attrice ad aver vinto questo premio; nonostante sia a tutti gli effetti una protagonista, i giurati ritenenro inopportuno nominare una bambina coem attrice protagonista e quindi ecco perché venne “relegata” al ruolo di non protagonista…
 Sempre nello stesso anno la piccola attrice vinse anche il David di Donatello come migliore attrice straniera, e il Golden Globe come attrice emergente.
Negli Stati Uniti il film ebbe un tale successo che nel 1974 ne fu tratta una serie televisiva, con una giovanissima Jodie Foster nei panni di Addie; tale serie però, a differenza del film, non ebbe alcun successo, tanto che venne cancellato quasi subito.

I ragazzi della 56ma strada (The Outsiders),1983





Regia di Francis Ford Coppola, con Matt Dillon (Dallas Winston), Ralph Macchio (Johnny   ), C. Thomas Howell (Ponyboy Curtis), Diane Lane (Cherry ), Patrick Swayze (Darrel Curtis), Emilio Estevez (Mickey), Tom Cruise (Steve), Leif Garrett (Bob Sheldon)



1960: nella cittadina di Tulsa due bande rivali, i “Greasers” (ragazzi poveri) e i “socials”(ragazzi ricchi) ogni tanto si affrontano in scontri e risse.
Una sera Ponyboy, Johnny e Dallas, tre “Greasers”, vengono attaccati ingiustamente da alcuni rivali e nella rissa che ne consegue un ragazzo muore. I tre scappano e si rifugiano in una Chiesa abbandonata…




Tratto dal romanzo RIBELLI  (1967) di Susan E. Hinton, è uno dei film meno conosciuti di Francis Ford Coppola, ed è un peccato perché non ha nulla da invidiare ad altre opere del grande regista.
E’ un film che ho amato molto durante l’adolescenza, una storia di giovani ribelli nella più classica tradizione alla James Dean di “Gioventù bruciata” (e infatti il film è ambientato in quell’epoca), che punta a raccontare in modo “romantico” il disagio giovanile che i protagonisti subiscono non solo per l’età ma anche per l’appartenenza sociale.
I tre protagonisti pur provenendo dallo stessio substrato sociale hanno alle spalle situazioni nettamente diverse: Ponyboy  è quello più tranquillo e posato, bravo a scuola, amante della letteratura e vive con gli affettuosi fratelli dopo la morte dei genitori; Johnny è di origine ispanica, abbandonato a sé stesso dai genitori assenti e molto sensibile; Dallas è orfano ed è quello più sprezzante, il cossidetto “duro” destinato ad una fine drammatica nel momento in cui farà trapelare dei sentimenti.
La storia, in sé molto semplice, è narrata attorno a questi tre personaggi, a loro modo eroi, in un crescendo di azione e sentimento che coinvolge lo spettatore senaza bisogno di grandi effetti speciali, ma tutto in modo molto semplice. Da notare a questo proposito lo stile minimalista e ispirato proprio ai film degli anni ’50 che caratterizza il film.
Per quanto riguarda gli attori, meriterebbero tutti una lode per la profondità e naturale incisività con cui hanno dato vita ai loro personaggi, anche quelli che interpretano personaggi minori; tra questi possiamo notare dei giovanissimi Patrick Swayze e Tom Cruise e Diane Lane, e tra i protagonisti Matt Dillon nel ruolo di Dallas; per tutti loro il film costituì un trampolino di lancio verso una luminosa carriera.
Da recuperare, assolutamente.



Wilde, 1997


Regia di Brian Gilbert, con Stephen Fry (Oscar Wilde), Jude Law (Lord Alfred Douglas), Vanessa Redgrave (Lady Wilde), Jennifer Ehle (Costance Wilde), Michael Sheen (Robbie Ross). Inghilterra, fine Ottocento . Oscar Wilde è il più acclamato scrittore e autore teatrale dell’epoca, che con l'ironia è capace di far riflettere il suo pubblico sulle convenzioni inglesi contro cui si è battuto tutta la vita. E’ felicemente sposato con Costance e ha due figli, ma alcuni fugaci incontri gli fanno scoprire di essere omosessuale. Conduce così una doppia vita (del resto non è certo l’unico), ma quando incontra Lord Alfred Douglas, detto Bosie, giovane aristocratico bello, egoista  e scapestrato, se ne innamora ; ma il padre del giovane scopre la relazione e trascina l’autore in tribunale, in quello che in poco tempo diventa un caso nazionale e che purtroppo avrà gravi ripercussioni sulla vita di Wilde e della sua famiglia… Chi non conosce Oscar Wilde, il geniale, beffardo, caustico, arguto, ma sempre veritiero autore di aforismi come “Bene o male, purchè se ne parli”, “A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprire la bocca e togliere ogni dubbio”, “Esperienza è il nome che gli uomini danno ai loro errori” e moltissimi altri? Nonché autore di quel capolavoro della letteratura che è IL RITRATTO DI DORIAN GRAY, o di commedie come L’IMPORTANZA DI ESSERE ERNESTO,  ma anche di due favole sensibili e  profonde come IL PRINCIPE FELICE  e IL GIGANTE EGOISTA?
Penso che nessuno non lo conosca almeno un po’; così come è nota la vicenda narrata in questo film, del processo per omosessuaità che l’autore affrontò coraggiosamente,pagandone le conseguenze con tragiche ripercussioni sulla sua vita e la sua salute.
Nel ruolo principale troviamo l’attore inglese Stephen Fry, che riesce a interpretare perfettamente Wilde nelle sue più varie sfaccettature; scrittore di successo, padre di famiglia affettuoso, provocatore acuto ma soprattutto persona totalmente libera dentro e fuori, veramente capace di sfidare l’ipocrisia della società puritana dell’epoca pagandone poi totalmente le conseguenze in modo molto doloroso, soprattutto sul piano familiare (come è facile immaginare, la pur comprensiva moglie lo lasciò e fece cambiare nome anche ai figli, per sicurezza visto che avevano ricevuto varie minacce).
Vedendo il film mi è sembrato di vedere davvero Oscar Wilde, e di sentire davvero la sua voce e le sue parole; un’interpretazione che avrebbe meritato l’Oscar.
Accanto a lui ottimi comprimari,come l’affascinante Jude Law nel ruolo dell’ambiguo ed egoista Bosie, il giovane che trascina Wilde nella rovina, la Elizabeth di “orgoglio e pregiudizio” Jennifer Ehle nel ruolo della dolce,grande e sofferente Costance, e Vanessa Redgrave bravissima come sempre nel ruolo della madre di Wilde: due grandi attici che interpretano due grandi donne.
Anche la musica- autrice Debbie Wiseman- contribuisce notevolmente alla narrazione del film, in quanto commenta e accompagna la storia senza sovrapporsi ad essa (come purtroppo accade spesso in altri film e in molti lavori televisivi, dove la musica è praticamente assordante).
Ottimi costumi, anche qui sarebbero stati meritevoli di un premio Oscar che però in quell’anno snobbò totalmente il film.
La storia del processo allo scrittore inglese (di origine irlandese) è stata narrata anche nel film  ANCORA UNA DOMANDA, OSCAR WILDE! , del 1959.



domenica 18 dicembre 2011

Il mio primo Giveaway

Finora non l’ho mai fatto, ma dopo la segnalazione di Ely75 ho deciso di farlo:avendo visitato questo blog:
ho deciso di partecipare a questo giveaway. Cosa non si fa per cercare di avere un libro in più!

venerdì 9 dicembre 2011

Un marito ideale (An ideal husband), 2000

un marito ideale
Regia di  Oliver Parker , con Rupert Everett (Lord Arthur Goring), Cate Blanchett ( Lady Gertrud Chiltern), Jeremy Northam ( Robert Chiltern), Minnie Driver (Mabel Chiltern), Julianne Moore ( Mrs.Chively).

Robert e Gertrud Chiltern sono davvero una coppia modello: ricchi, benvoluti da tutti nel loro ambiente e molto innamorati, vivono una vita serena e impegnata, soprattutto Robert che sta per essere nominato sottosegretario degli Esteri. Tanta perfezione però  nasconde sempre dei lati oscuri, ed infatti una sera ad una festa data da Lady Chiltern in onore del marito e alla quale è stato invitato anche il miglior amico della coppia, Lord Arthur Goring, un nobile dandy sfaccendato, compare la misteriosa Mrs Chively, la quale fa capire a Robert di essere a conoscenza di un importante segreto del suo passato, segreto che se rivelato potrebbe mettere fine a tutto…

Tratto dalla commedia ( 1895) di Oscar Wilde, non è certo una storia d’amore convenzionale, come ben sa chi conosce  il caustico e geniale autore di aforismi quali “ Non sono favorevole ai lunghi fidanzamenti: danno l’opportunità di scoprire il carattere l’uno dell’altro prima del matrimonio, il che non è mai auspicabile” o “ Amare sé stessi è l’inizio di una storia d’amore lunga tutta la vita “ o ancora “ Nella vita coniugale tre sono una compagnia, due non lo sono”? E difatti ecco che, come volevasi dimostrare, in questa storia niente è come sembra all’apparenza…assistiamo quindi al dipanarsi di una matassa assai ingarbugliata, ma che ci permette man mano di conoscere i protagonisti nella loro vera personalità, con piacevoli sorprese: Lord Goring per esempio, il personaggio che attrae di più l’attenzione, si rivelerà meno stolto e superficiale di tutti , e soprattutto un uomo che dà importanza al valore dell’amicizia. 024ain questo ruolo di dandy sfaccendato e disilluso troviamo Rupert Everett, veramente perfetto, non aggiungo altro ( considerate che è un’attore che non mi piace poi molto…), ma anche la coppia formata dai protagoniste Robert e Gertrud, che si trova a superare un ostacolo imprevisto e ostico…e la soluzione del dilemma non sarà semplice né scontata. In particolare ho apprezzato Cate Blanchett nel ruolo di Gertrud, una donna che si gioca tutto quello che ha pur di scoprire il segreto del marito e lacerata dal dubbio se stargli vicino o no nonostante l’amore che prova per lui, finchè il tutto non sarà chiarito:una donna coraggiosa che non vuole vivere nell’incertezza ed è disposta ad accettare la verità, qualunque essa sia.
Il tutto diretto da un regista davvero abile nel ritagliare gli spazi giusti ai personaggi, e nel rendere la pieno l’atmosfera vittoriana.
Della storia esiste un’altra versione cinematografica, quella del 1947 diretta da Alexander Korda, con Paulette

Molto Rumore per nulla (Much ado abouto nothing), 1993


Regia di Kenneth Branagh, con Emma Thompson ( Beatrice), Kenneth Branagh ( Benedetto), Kate Beckinsale ( Hero ), Denzel Washigton (Don Pedro), Keanu Reeves(Don Juan), Robert Sean Leonard (Claudio). Michael Keaton (CArruba).

Il principe d’Aragona Don Pedro e il suo esercito, tornando vittoriosi dalla Guerra, si fermano a Messina ospiti del nobile Leonardo; il conte Claudio si innamora ricambiato  di Ero, la figlia di Leonardo, e dopo l’approvazione del padre e del principe si organizzano le nozze, mentre entrambi gli sposi e i loro amici cercando di fare da Cupidi tra i due litigiosi Benedetto(amico di Claudio)e Beatrice(cugina di Ero). Purtroppo il malvagio Don Juan, fratellastro del principe, complotta per rovinare tutto…


La più famosa versione cinematografica dell’omonima opera di William Shakespeare(1598) è un film davvero ben riuscito: curato nella recitazione, nella regia e nell’adattamento(che rispetta i tempi drammatici  e la filologia del testo originale ).
Personalmente mi ha divertito molto la schermaglia amorosa tra Benedetto e Beatrice(interpretati con convinzione da Kenneth Branagh e Emma Thompson, che all’epoca erano davvero sposati nella realtà)e i complotti ai loro danni da parte degli amici  all’amore puro ma infangato dal sospetto tra i leggiadri Ero e Claudio.Forse un difetto sta nei dialoghi troppo veloci(a volte ho fatto davvero fatica a capirli), e a volte ho avuto l’impressione che la vicenda scorresse troppo veloce, ma per il resto è davvero un ottimo film.Tutti gli attori sono completamente giusti per la loro parte (e certamente ottima)la scelta di affidare a un attore di colore, Denzel Washington, la parte di Don Pedro. E l’atmosfera che traspare dalla maggior parte delle scene del film è di gioia, allegria, divertimento:una vera delizia per gli occhi!
Il film mantiene l'originale ambientazione a Messina, ma è stato interamente girato nella tenuta di Vignamaggio, nei pressi di Greve in Chianti(la stessa in cui, si dice, Leonardo dipinse la “Gioconda”).
Curiosamente questo film non ha ricevuto nemmeno una nomination all’Oscar, anche se ha vinto un “Guild Film Award” come miglior film straniero (1994) e un “Evening Standard British Film Award come miglior attrice protagonista (1994).
Della commedia esistono molte versione, sia al cinema che in tv:la prima risale addirittura al 1913, l’ultima al 2005, ed è una trasposizione televisiva prodotta dalla BBC.
Esiste anche un’opera teatrale ispirata a MOLTO RUMORE PER NULLA :si intitola BEATRICE ET BENEDICT, l’autore è Hector Berlioz.

Oliver!, 1968


Regia di Carol Reed , con  Mark Lester (Oliver Twist),Oliver Reed (Bill Sykes), Ron Moody (Fagin), Jack Wild (Jack il dritto), Shani Wallis (Nancy).

Nella Londra dell’ottocento l’orfano Oliver Twist scappa dalll’orfanotrofio dove lo maltrattavano, e finisce in una banda di ragazzini addestrati da un vecchio ebreo a derubare i passanti.Oliver però non ci sta e dopo essere stato arrestato al posto dei compagni chiede scusa all’uomo derubato, il signor Brownlow, che impietosito decide di accoglierlo in casa sua e allevarlo.Anni prima una nipote dell’uomo, rimasta incinta e cacciata dalla famiglia, era morta proprio nell’orfanotrofio dove è cresciuto Oliver…



 Tratto dall’omonimo romanzo di Charles Dickens, il film è la versione cinematografica di un celebre musical di Broadway degli anni ’60. Sicuramente un adattamento insolito e originale per la drammatica storia narrata da Dickens, che difatti in questa versione è stata molto edulcorata rispetto al testo originale(ad esempio, così come in quella più recente di Polanski, manca soprattutto la parte sul fratellastro di Oliver). Nonostante come musical non mi abbia colpito particolarmente( ma per fortuna avendolo visto in DVD ho potuto seguire le canzoni in originale), è comunque un film gradevole, pur se un tantino noioso, anche se ai puristi come me ha fatto un po’ storcere il naso per i motivi di cui sopra.
Ottima interpretazione di Oliver Reed nei panni del cattivo Bill Sykes.
Nel 1969 il film vinse sei Oscar: miglior film, regia, suono,scenografia, coreografia e fotografia.



Eloise a Natale (Eloise at Christmastime), 2003


Regia di Kevin Lima, con Sofia Vassilievna(Eloise),Julie Andrews (Tata).


La piccola Eloise vive al Plaza Hotel,dove sotto le feste natalizie c’è sempre un grandissimo daffare per preparare tutto al meglio.Quest’anno oltretutto si sta preparando anche la festa per il fidanzamento della figlia del direttore con un ricco uomo d’affari.Ma Eloise sa che uno dei camerieri è innamorato della ragazza, che invece lo considera solo un’amico, e questo, unito alla scoperta che il futuro fidanzato mira alle nozze solo per i propri interessi economici e che inoltre nasconde un losco segreto,porta la nostra eroina a decidere di agire…


Tratto da uno dei racconti per bambini di una famosa e fortunata(in America) serie della scrittrice Kay Thompson( l’intera serie risale agli anni ’50), il film Disney celebra uno dei personaggi della letteratura americana per bambini più famosi( e, ripeto,sconosciuta in Italia e in Europa),la piccola Eloise.
Una bambina di sei anni che vive in un mondo di grandi, circondata dal lusso che essi amano, e che come bimba ad esso si rapporta.Certo, Eloise è spesso davvero insopportabile, peggio del Pierino delle barzellette:petulante, saputella,egoista e soprattutto molesta- se un bambino reale combinasse tutte quelle cose non al Plaza ma anche solo alla pensione Pina a due stelle, verrebbe immediatamente legato e imbavagliato tipo Hannibal, e se lo meriterebbe!Altro che risatine, sorrisi e perdono con alzata di spalle e caramella regalo…-
Ma ho notato nel film che è anche una bimba molto sola:non ha il papà e la mamma è sempre in viaggio d’affari all’estero, tanto è vero che non trova nemmeno il tempo per passare il Natale insieme!Vive all’hotel Plaza, non certo un posto a misura di bambino, con tutto quel lusso;non ha amichetti della sua età;con lei rimane solo la fedele Tata, severa ma affettuosa, l’unica figura di riferimento affettivo ed educativo che la bimba ha.E per questo si capisce il perché Eloise vaghi per il Plaza come una mina, per attirare l’attenzione degli altri(tutti adulti, ricordiamolo)e cercare un poco di amicizia;insomma una bimba costretta a vivere in un mondo a misura di adulti.
Per questo guardiamo con indulgenza a tutte le sue birichinate;anche perché la nostra è comunque sgamata e furbetta come pochi,e nonostante tutto sta dalla parte dei buoni.Tra gli attori, fantastica come sempre Julie Andrews nel ruolo della Tata, non certo come ai tempi di Mary Poppins, ma a quanto pare è il ruolo che meglio le calza.La bimba che interpreta Eloise invece oscilla tra l’essere simpatichina e l’essere antipatichina, ma forse perché durante la visione del film non sono riuscita a liberarmi della paura che uscisse dallo schermo per entrare in una delle scuole bresciane …

Dalla serie della Thompson è stato tratto un altro film, ELOISE AL PLAZA,del 2003 ma antecedente a questo, e con gli stessi interpreti.

Harry Potter e la camera dei segreti (Harry Potter and the chambers of secrets), 2002




Regia di Chris Columbus, con Daniel Radcliffe (Harry Potter), Emma Watson (Hermione Granger), Rupert Gring (Ron Weasley), Richard Harris (Albus Silente),Maggie Smith (Minerva McGrannitt ), Alan Rickman (Severus Piton),Robbie Coltrane (Hagrid).

 Harry Potter si prepara a rientrare alla scuola di magia dopo le vacanze estive (con sua grande gioia, visto l’affetto che gli porta la famiglia d’origine…). Ma un folletto lo avverte di non tornare, a rischio della vita.
Harry e amici non badano a questi avvertimenti  e tornano a scuola, dove scoprono che qualcuno ha aperto la famosa “Camera dei segreti”, luogo proibito per eccellenza..

Tratto dall’omonimo secondo romanzo(1998) della serie creata da Joanne K.Rowling, è un film a mio avviso più gradevole rispetto al primo, anche se non presenta sostanziali differenze.
Troviamo sempre gli stessi attori e personaggi, con in più la new entry di Kenneth Branagh nel ruolo del vanaglorioso professore idolo di tutte le studentesse, uno dei ruoli migliori, a mio avviso, nella carriera di quest’attore.
Per il resto nulla di nuovo sugli attori, soprattutto sui “senior”(sempre i migliori), e nemmeno sulle scenografie fantastiche e gradevoli come nel primo film. Alla fine, unica novità di un certo interesse, viene  finalmente svelta l’identità del terribile Voldemort, colui che uccise i genitori di Harry.
Certamente i fan della saga rimarranno contenti,nonostante le varie differenze rispetto al romanzo; e anche chi, come me, non è mia stato fan apprezzerà comunque un film che regala due ore di divertimento in puro stile fantasy.

Le ali della libertà (The Shawshank redemption), 1994



Regia di Frank Darabont, con Tim Robbins (Andy Dufresne ), Morgan Freeman (Red ), Gil Bellows (Tommy).

Il banchiere Andy Dufresne viene ingiustamente condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie e del suo amante, e trasferito così nel penitenziario di Shawshank, dove viene a contatto con una realtà durissima , fatta di violenze gratuite e di secondini e agenti corrotti che impongono con la forza una loro legge. Dopo un inziale periodo di sconforto totale, Andy fa amicizia con Red, un altro detenuto, e comincia a mettere a punto un piano per fuggire…

Tratto dal racconto di Stephen King RITA HAYWORTH E LA REDENZIONE DI SHAWSHANK, contenuto all’interno del libro STAGIONI DIVERSE, è una di quelle produzioni derivate dall’autore noto per gli horror e i thriller che si diversifica appunto in quanto è una storia di tutt’altro genere.
Una storia molto drammatica in questo caso, che parla di abusi carcerari, di giustizia inefficiente, di individui che, colpevoli o no, devono imparare a convivere con una delle realtà più tragiche che possono capitare: la perdita della propria libertà.
In questo film, Andy è innocente, mentre Red è colpevole e quindi giustamente punito(narrato nel libro, il crimine è particolarmente odioso), ma per il regista questo non conta, perché la narrazione punta a riconoscere ad entrambi, e a tutti i loro compagni, la dignità umana che il carcere punta invece a voler cancellare con ogni mezzo.
La scena è calamitata dai due interpreti principali, Tim Robbins(attore noto per il suo impegno sociale, e che qui è evidentemente nel suo elemento, rispetto ad altri film che ho visto) e Morgan Freeman (di cui vengono cambiate le origini del personaggio, che nel racconto originale è irlandese), entrambi convincenti nei rispettivi ruoli; soprattutto ho trovato una vena di umanità molto accentuata che il secondo dà al suo personaggio.
Nel 1995 il film ebbe un grande successo di pubblico e critica, dimostrato dalle sette nomination ricevute per gli Oscar: miglior film, regista, attore protagonista (Morgan Freeman), fotografia, sonoro, colonna sonora, sceneggiatura non originale.