giovedì 27 ottobre 2016

La verità sta in cielo, 2016



Regia di Roberto Faenza, con Riccardo SCamarcio (Enrico de Pedis), Greta SCarano (Sabrina Minardi), Maya Sansa (Maria), Valentina Lodovini (Rita), Shel Shapiro (John)



Nel 1983 Emanuela Orlandi, una 15enne figlia di un messo pontificio scompare nel nulla dopo essere uscita dalla scuola di musica che frequentava. Il caso rimarrà uno dei più famos misteri irrisolti nella storia italiana.
Nel 2015, approfittando della vicenda di Mafia Capitale Maria, giornalista italiana che vive  a Londra, viene mandata dal suo capo nella madrepatria per indagare sui lontani collegamenti con questo caso, e lo fa rintracciando Rita, la giornalista di "Chi l'ha visto?" che nel 2008 raccolse la testimonianza di Sabrina Minardi, ex compagna di Enrico de Pedis, boss della Banda Della Magliana, la quale affermava che Emanuela Orlandi fosse stata rapita dalla Banda per un misterioso ordine di qualcuno in Vaticano.....



Quello di Emanuela Orlandi è uno dei "cold case" italiani che da trent'anni appassionano di più il pubblico, non solo per la triste sorte toccata a una ragazzina di 15 anni ma sopratutto per l'intreccio tra politica, criminalità e Vaticano che questo caso ha inevitabilmente portato alla luce, anche se credo che talvolta molte tesi esposte nel corso degli anni siano state abbondantemente sopravalutate.
Roberto Faenza realizza questo film documentario che ho trovato molto noioso, e mi spaice dirlo perchè le potenzialità per farne una storia interessante c'erano tutte. Ma qui,oltre a snocciolare tesi che non sempre stanno in piedi (sì. sono convinta anche io che c'entri il Vaticano, ma non ai livelli di cui molti sospettano, visto anche che la maggior parte delle informazioni raccontate dalla Minardi nel 2008 si sono rivelate infondate), si arriva all'effetto "lezione imparata e ripetuta a memoria", dato che il regista non fornisce una possibile chiave di lettura originale che possa riuinire la "lista" di informazioni che snocciola, e in cui l'eventuale spettatore che dovesse aver seguito il caso a sprazzi rischia di non capire proprio nulla. E tra tanti intrighi l'unica ad essere quasi persa di vista è proprio la povera Emanuela.
Del resto, nemmeno io ho capito quale potesse essere ad esempio, il motivo per cui De Pedis avrebbe rapito e ucciso la ragazzina: che ci guadagnava? L'unica parte interessante-sembra brutto dirlo- è quella in cui si racconta la storia tra De Pedis e la Minardi, interpretati da due bravi Scamarcio e Scarano (e qui, lasciatemelo dire: nonostante il personaggio posso capire lei, nel film ovviamente).
Mi è piaciuta molto la scena della scala a chiocciola dove Maria crede di vedere Renatino. Per il resto, come molti, sono convinta che la verità non stia in cielo, ma purtroppo molto più vicino di quanto si creda...





giovedì 20 ottobre 2016

Cafè Society, 2016

Regia di Woody Allen, con Jesse Eisenberg (Bobby Dorfman), Kirsten Stewart (Vonnie Sybil),Steve Carrel (Phil Stern),Corey Stoll (Ben Dorfman),Sari Lennick (Evelyn Dorfman), Blake Lively (Veronica Hayes).


Los Angeles, anni '30: il giovane Bobby si trasferisce da New York per tentare la strada nel mondo del cinema, chiedendo aiuto allo zio Phil, uno dei più noti agenti cinematografici. Quest'ultimo non prende molto sul serio il nipote assumendolo come tuttofare e affidandolo alle cure di Vonnie, la sua segretaria incaricata di fargli conoscere la città. Bobby si innamora di Vonnie ma non sa che la ragazza è l'amante dello zio....




Woody Allen ha ormai 80 anni, e - non voglio essere maligna, eh- questo film rispecchia molto un certo modo di vedere le cose a quell'età: è un film sulle occasione perdute, sui rimpianti, sui ricordi dolce amari su cosa sarebbe potuto essere e invece non è stato.
Come sempre, il protagonista Bobby è uno dei tanti alter ego del regista, declinato in un'altra epoca: un giovane ingenuo e di belle speranze che, nonostante abbia scelto di tentare la carriera nel dorato mondo hollywoodiano, s accorge subito di sentirsi veramente a posto solo nella sua città, New York: più semplice, meno frivola,meno caotica pur dando possibilità di scalata sociale. A ciò aggiungiamo che lo zio Phil non sembra particolarmente contento di averlo tra i piedi- lo fa attendere due settimane prima di riceverlo per un semplice colloquio!- e che contrariamente alle speranze dei familiari, on fa praticamente nulla per introdurre il nipote nel modo di hollywood o perlomeno per insegnargli qualcosa di utile. Anzi, lo sbologna a Vonnie, sua segretaria e coetanea di Bobby. con il compito di fargli conoscere la città. Probabilmente il giovane tornerebbe al più presto a casa propria se non fosse che lo zio (troppo fiducioso?con evidenti tendenze masochiste?)- per compensare comunque la propria disattenzione- affida il compito di fagli conoscere Los Angeles a Vonnie, una delle sue segretarie con cui ha una relazione segreta. Vonni e Bobby si trovano a trascorrere tanto tempo assieme, accomunati dalla giovane età, dagli stessi interessi, da un certo modo di vedere la vita: quasi scontato che tra loro succeda qualcosa, anche se il colpo di fulmine inizialmente è solo per lui, l'unico veramente ignaro di come sia la situazione reale. 
Vonnie- che dalla sua non è che abbia grande intelligenza o personalità, e nemmeno grande bellezza se non un faccino giovane e fresco, non per nulla è interpretata dalla solita insipida Kirsten Stewart- a un certo punto sceglie di fidanzarsi con Bobby, di cui non è innamorata come del suo potente capo ma che perlomeno le offre prospettive più stabili per il futuro, anche sentimentalmente.Poi però le carte in tavola si ribaltano come nessuno si aspetterebbe: lo zio a quanto pare è veramente innamorato dell'amante e- pur con grande sofferenza- lascia la moglie; a questo punto non resta ai due che rivelare tutto la povero Bobby, che viene prontamente scaricato e torna a New York da solo.
Qui comincia la seconda parte del film, permeata appunto da un senso di rimpianto, di vita docle-amara, di "come sarebbe stato se" di cui parlavo sopra: appare chiaro allo spettatore che Bobby, seppure vada avanti con la sua vita e si costruisca una carriera di successo, non ha mai dimenticato realmente l'amore perduto: non a caso anche la moglie si chiama Veronica...
Devo dire che comunque i personaggi migliori del film, quelli che lo rendono veramente godibile- e relative situazioni- sono i personaggi secondari della famiglia Dorfman, in particolare i due fratelli di Bobby, Ben (gangster dai modi ovviamente spicci che finirà sulla sedia elettrica dopo essersi convertito al cattolicesimo) ed Evelyn assieme al marito Leonard (la loro esiralante odissea col vicino rompi è stata la cosa più gradevole del film).
E' un film molto godibile e che, nonostante il tema, non lascia strascichi spiacevoli (a me utlimamente succede spesso), quando uscite dal cinema....e io ho fatto una recensione lunga un km senza dire praticamente nulla. Scusatemi, non è un periodo buono....


mercoledì 12 ottobre 2016

Pericle il Nero, 2016

 Regia di Stefano Mordini, con Riccardo Scamarcio (Pericle Scalzone), Marina Fois (Anastasia), Gigio morra (Don Luigi),Valentina Acca (Anna).



Pericle Scalzone vive e lavora da sempre al soldo del boss Luigi Pizza; il suo compito è quello di punire chi si oppone al suo capo. Un giorno, durante uan spedizione per punire un prete troppo chiacchierone per i gusti del boss, per errore colpisce Signorinella, sorella di un'altro boss che in quel momento era presente in parrocchia. Credendo di averla uccisa, si confida con Luigi Pizza che lo invita a nascondersi mentre lui rimette tutto a posto; ma dopo aver scoperto che i sicari del boss fratello della presunta vittima lo stanno cercando, scappa e arriva fino a Calais. Qui incontra Anastasia, una donna sola e con due figli che lavora in una panetteria....


Tratto dal romanzo omonimo (1991 ) di Giuseppe Ferrandino, è un film duro,cupo, pieno di rabbia e solitudine. Pochissima luce, pochissima speranza, anche se nel finale aperto non tutto è perduto.
Si regge tutto sull'interpretazione di Riccardo Scamarcio ( che è anche produttore del film, qui in versione dimessa e coatta, con un gran bisogno di essere messo sotto una bella doccia) che da subito ci presenta con indifferenza la sua professione: "faccio il culo alla gente" nel vero senso della parola e spiegandoci anche come. Al più basso livello anche nella scala  della criminalità, usato come bassissima manovalanza, Pericle in fondo è un personaggio che mi ha fatto tanta tenerezza: completamente solo al mondo, considerato quasi zero anche dal boss e dalla sua famiglia, in fondo quello che desidera è il calore di una donna e di una famiglia (si, dai, lo so cosa penserete di me...non ditemelo!ma mi ha commosso quando ha detto che tante volte ha provato a immaginarsi una famiglia con una moglie e deu bambine, a cui parlava anche); per una volta sono stata d'accordo con Mymovies  quando dice "Occhi grandi affondati nel buio e affamati di affetto, Pericle è solo sulla faccia della terra e si muove lungo la frattura che si genera spesso fra ciò che siamo, o ciò che sentiamo di essere, e ciò che gli altri vedono in noi". Pericle si esprime con lunghi monologhi che ci fanno conoscere i suoi pensieri, la sua insoddisfazione per una vita che non è vera vita e che lo spinge ad assumere sostanze stupefacenti nel tentativo di riempire il vuoto che sente dentro di sè. Ad un certo punto, si chiede perfino perchè scappare, perchè non lasciare che lo ammazzino.
La sua vita subisce una svolta con l'incontro con Anastasia, una donna non giovane e non bella (o perlomeno, non di quella bellezza patinata che colpisce subito), una madre sola con due figli abituata al lavoro e alla fatica: in pochi giorni con lei Pericle conosce l'amore a prima vista e intravede uno sprazzo di normalità, quella normalità tanto desiderata in fondo che forse è ancora possibile. Ma perchè essa si avveri non basta decidere da sè di chiudere i conti con il proprio passato, quando è il passato a venirti a cercare...
Per raccontare questa storia il regista usa un tono asciutto e concentrato sul personaggio, senza sbavature sentimentali e a volte fin troppo realista, trasportando l'azione in un luogo (Bruxelles) più freddo e buio dell'originale Napoli del romanzo. Certo bisogna passare sopra alcuni passaggi non del tutto credibili (Anastasia nel giro di un giorno passa dallo schifare Pericle a portarsi uno sconosciuto di cui nemmeno sa il nome non solo a letto ma a lasciarlo da solo nella prorpia casa e addirittura assieme ai propri figli?!), ma tutto sommato la storia fila, anche sechi è troppo sensibile è meglio che lasci perdere.
Il film ha avuto un buon successo al Festival di Cannes 2016 nella sezione "Un certain regard".

P.S: Pericle /Riccardo, tesoro, vieni da me che ti prendo io, passando sopra al tuo mestiere: parafrasando il finale d "A Qualcuno piace caldo"...."Nessuno è perfetto!"

P.S 2: La cosa più inquietante del film è stata scoprire una quantità abbastanza grande di punti in comune con il protagonista.....





martedì 4 ottobre 2016

L'estate addosso, 2016

 Regia di Gabriele Muccino, con Brando Pacitto (Marco),Matilda Anna Ingrid Luz(Maria),Taylor Frey (Matt),Joseph Haro (Paul).


Grazie all'intervento del lontano amico Fumo, il 18enne Marco progetta la "vacanza della maturità" a San Francisco, ospite di due amici del primo. Il giorno prima della partenza scopre che con lui verrà anche Maria, la secchiona della classe, che Marco non sopporta.
Appena arrivati scoprono che Paul e Matt, i due ragazzi che li ospiteranno, sono una coppia gay....





Probabilmente ho una certo tendenza al masochismo estremo, dato che non solo ho deciso di vedere un tipo di film che- per alcune tematiche trattate- sapevo già avrebbe toccato in me corde dolorose, ma questo film è pure di Gabriele Muccino, regista che ("L'ultimo bacio"a parte) ha sempre realizzato film che mi hanno fatto venire il latte alle ginocchia.
E anche stavolta è stato così, ho faticato a reprimere la tentazione di uscire prima della fine: oltretutto, non voglio sembrare cattiva, ma Muccino secondo me ha dei problemi irrisolti con sè stesso oppure non riesce ad accettare il tempo che passa, visto che continua a fare quasi esclusivamente film che trattano un determinato target di età (max trentenni).
La storia inizia con Marco, 18enne il cui investimento in motorino porta fortuna: il risarcimento che gli spetta gli darà modo di poter organizzare l'agognato "viaggio della maturità" dopo l'esame di Stato, che altrimenti non si sarebbe potuto permettere. Il ragazzo contatta un amico che studia all'estero che, a sua volta, chiede ed ottiene la disponibilità di due amici americani di ospitarlo a San Francisco per una settimana , ma anche la fortuna ha uno scotto da pagare: solo il giorno prima della partenza Marco viene a sapere che sua compagna di viaggio sarà Maria, una ragazza della sua stessa scuola nota per essere una specie di suora anche nei valori; ragazza che Marco non sopporta e che a quanto pare,a sua insaputa è amica dello stesso amico che senza chiedere nulla a nessuno dei due interessati, ha combinato l'accoppiata a casa dei due amici americani.
Appena arrivati, scoprono che Paul e Matt, i due giovani che li ospitano, sono una coppia gay: grande sconcerto inizialmente per Maria, ma poi alla fine tra i quattro componenti nasce una profonda amicizia che porterà Marco e Maria a fermarsi ben oltre la settimana prevista e a viaggiare per mete dell'ultimo minuto, tipo New Orleans e Cuba. Come scontato, la vacanza rimarrà nella memoria di tutti per i cambiamenti esistenziali apportati (Maria abbandonerà i suoi timori e le sue inibizioni, la coppia gay uscirà un po' più slida e un po' più sbalestrata allo stesso tempo) e renderà l'estate indimenticabile.


Personalmente, a differenza di quanto letto nelle anticipazioni, non ho trovato il personaggio di Maria così irritante e bigotto, e non capisco perchè venga presentata così: certo ha inizialmente delle riserve sulla coppia gay, ma in verità è lei quella che inizialmente mostra apertura e amicizia nei confronti di Marco senza giudicarlo, è lei quella che per metà film viene perculata per come si veste, perchè non beve, non fa casino...quindi perchè presentarla per forza in maniera negativa? perchè prega, perchè ha dei valori?Non mi è piaciuta questa cosa, bisogna per forza sballarsi, vestirsi alla moda e scosciata, voler fare casino in discoteca fino alle sei di mattina ogni fine settimana per essere consdierati giusti, socialmente accettabili? In realtà, nessuno fra i personaggi h davvero voglia di conoscere Maria (che per carità, ha anche bisogno di cambiare un po') o di accettarla per quello che è, vogliono sol che cambi come vogliono loro. In particolare ho trovato davvero antipatico Marco, a cui basta vedere Maria con un'altro vestito  per passare dall'odio feroce e ingiustificato al trattenere a stento il desiderio di saltarle addosso. Molto meglio la coppia gay che- a parte lo squallido dettaglio della sorella di lui, ma sarebbe stato cosi anche se fosse stata una coppia etero- viene mostrata in modo non macchiettistico e rispettoso dei sentimenti dei due personaggi presi assieme.Per il resto banalità a bizzeffe, interrogativi esistenziali che rimangono li dove sono e finale sconclusionato che non risolve nulla; nel complesso film molto noioso,
Muccino...non mi freghi più!


sabato 1 ottobre 2016

Il vedovo, 1958



Regia di Dino Risi, con Alberto Sordi (Alberto Nardi), Franca Valeri (Elvira Almiraghi),Livio Lorenzon (Marchese Stucchi),Leonora Ruffo (Gioia), Nando Bruno (Zio di Alberto).





Alberto Nardi è un industriale ambizioso ma incapace: titolare di una ditta di ascensori, è riuscito a piazzarne pochissimi e oltretutto difettosi, e  le varie speculazioni d'affari da lui tentate si sono sempre rivelate disastrose. Finora è stato economicamente soccorso dalla moglie Elvira, che al contrario del marito non solo è milionaria di suo ma è anche imprenditrice di successo e con il talento negli affari.
Dopo l'ultimo fallimento Elvira decide di chiudere i rubinetti costringendo il marito a rivolgersi a un strozzino, ma proprio quando Alberto è sull'orlo della disperazione ecco la notizia: il treno diretto in Svizzera su cui viaggiava Elvira è deragliato precipitando in un lago, senza lasciare sopravvissuti. Alberto eredita così l'intero patrimonio di Elvira; ma mentre si svolge la veglia funebre e il neo vedovo già favoleggia sull'uso dello sterminato conto in banca ecco che la defunta ricompare: all'ultimo minuto una telefonata di lavoro le aveva fatto perdere il treno....


In assoluto uno dei migliori film italiani, nonchè un esempio perfetto di commedia all'italiana. Stavolta non posso essere accusata di parzialità perchè davvero so che questi due giudizi su questo film sono condivisi in generale dal mondo del cinema e della critica, oltrechè meritatissimi.
Ispirato in parte al "Caso Fenaroli"- un famoso caso di cronaca nera di quegli anni-è un film dove il maestro Dino Risi rivela un insolito "black humor" con una trama che celebra una Milano che non c'è più, quella dell'appena iniziato boom economico, e allo stesso tempo mette alla berlina comportamenti e personaggi tipici dell'epoca: in questo caso uno dei tanti piccoli imprenditori senza capacità che s gettavano nell'avventura pensando di diventare milionari ma che inevitabilmente fallivano proprio per la loro incompetenza.
E' il caso di Alberto Nardi, che oltre ad essere incompetente è pure disonesto visto che cerca di piazzare i suoi ascensori anche se sa benissimo che sono difettati e che prende costantemente per il naso i creditori cui continua a rivolgersi; tanto a saldarli c'è Elvira, la moglie arpia che non sopporta (ampiamente ricambiato) e che oltretutto è tutto il suo opposto: titolare di un patrimonio di circa cento milioni di lire (all'epoca, quindi Elvira è miliardaria), è pure una donna d'affari di successo che non sbaglia un progetto o una speculazione in Borsa. Cosa abbia unito un giorno i due al punto di arrivare al matrimonio non è dato saperlo, e probabilmente nemmeno loro se ne ricordano più (anche se , nel caso si Alberto, il sospetto è evidente e giustificato); per certo lo spettatore sa che attualmente il loro matrimonio è diventato un gioco al massacro fra due personalità che cosi rivelano la loro aridità, cattiveria e piccineria (seppure in modo comico). L'esempio più evidente è il soprannome con cui Elvira si rivolge al marito, quel "cretinetti" volto a umiliarlo palesemente.
Elvira però è sì arpia e stronzetta, ma non certo stupida e quindi ad un certo punto chiude saggiamente i rubinetti di fronte alla follia spendaccione del marito: non potendo separarsi (all'epoca non c'era il divorzio in Italia) prende atto di essere sposata con un imbecille (sue stesse parole) e continua tutto come prima, limitando però i danni economici. Il povero Alberto, assillato da creditori e usurai, se la vede davvero brutta quando arriva il miracolo...e davvero, potete credermi, se già prima il film era godibile da questa parte in poi diventa formidabile. La storia è più o meno nota e quindi non starò a ripeterla- anche per non rovinare la sorpresa di chie eventualmente non l'avesse visto- ma la serie di avvenimenti che si susseguono dalla presunta morte di Elvira, la reazione ipocrita di Alberto, il ritorno della "defunta"in una scena davvero mitica e la conseguente progettazione di un piano per farla fuori di nuovo è davvero coinvolgente per lo spettatore come poche volte succede. Sordi e la Valeri sono una coppia perfetta: due mondi paralleli: lui ambiguo cialtrone che con le chiacchiere copre la propria inettitudine, lei sarcastica e tagliente a scoprire le carte in tavola. Attorno a loro alcuni comprimari perfettamente a loro agio nei rispettivi ruoli ben delineati, che non restano solo sullo sfondo: Livio Lorenzon nel ruolo del marchese Stucchi, vittima e complice del Nardi, Eleonora Ruffo nel ruolo della svampita (ma non troppo) amante di Alberto, e Nando Bruno nel ruolo dello zio, altro complice e-in fondo- dipendente del nipote.
La battuta migliore? Quando Alberto- in un momento in cui tenta di farsi passare per sentimentale- dice a Elvira: "io ti ho dato il mio entusiasmo, la mia allegria...ma tu cosa mi ha dato?" e lei, diretta: "70 milioni in cinque anni!".