mercoledì 26 agosto 2015

L' A.S.S.O nella manica (The Duff), 2015


Regia di Ari Sandel , con Mae Whtiman (Bianca Piper),Robbie Amel (Welsley Rush),Bianca Santos (Casey Codero),Skyler Samuels (Jess Harris), Bella Thorne (Madison Morgan)




La diciottenne Bianca ha come migliori amiche Jess e Casey, due fra le ragazze più popolari della scuola, mentre lei passa praticamente per invisibile. Tuttavia ciò non le pesa, almeno fino a quando l'amico d'infanzia Wesley le rivela la sua identità di A.S.S.O (Amica Sfigata Strategicamente Oscena ), ovvero l'amica sfigata il cui ruolo è esclusivamente quello di sottolineare ancor di più la bellezza delle altre due.
Dopo aver rotto l'amicizia con le ignare Jess e Casey, Bianca decide di assumere Wells come coach per aiutarla a non essere più un ASSo e conquistare così Toby, il ragazzo di cui è innamorata....




Appartenente al filone dei film da teenager, questa simpatica commedia (tratta dal romanzo "Quanto ti ho odiato" di Kody Kelpinger,   ) mette molto bene in risalto come il problema del bullismo nelle scuole, da sempre esistente, sia stato negli ultimi anni notevolmente amplificato dalla tecnologia e dagli usi sbagliati che di essa se ne fa in moltissimi, troppi casi. Nonostante il tono leggero e divertente del film, devo ammettere che è questa la cosa che mi ha colpito di più durante la visione: per quello che ha vissuto Bianca nel film, in Italia ci sono stati ragazzi che si sono suicidati... il regista non ha certo esagerato nei toni in cui descrive ciò che è avvenuto, semmai la cosa poco realistica è proprio la reazione di Bianca, la quale dopo un pochino di disperazione reagisce decidendo di cambiare...ok, è un bene che sia così, però mi pare un po' troppo semplicistico e realistico.

Una cosa sicuramente apprezzabile è il fatto che il regista non sia caduto nella scelta più banale e scontata, ovvero dipingere le amiche Casey e Jess come due stronzette supponenti che davvero si accompagnano a Bianca  per pietà o altro; anzi, anche durante il momento "di pausa" che il terzetto si prende, nonostante il comportamento tenuto nei loro confronti le due non provano rancore nei confronti di Bianca  e anzi, anche da lontano le stanno vicino, fino al chiarimento finale. Lo stesso personaggio della protagonista è abbastanza atipico per il genere di film: non è la nerd secchiona e brutta, ma una ragazzina che- seppure trascurata sul piano fisico- intelligente e sveglia, con poche speranze di non essere invisibile in un mondo dove la fanno da padrone la visibilità assoluta, i selfie fatti in ogni dove, i sogni da reality show; solo in un contesto come questo una Bianca qualunque può essere messa nell'ombra dalla quale comunque riesce ottimamente  a uscire.
Gli stereotipi non mancano (la bellissima stronza e superficiale, il bellissimo idem, il preside che chiude la stalla dopo che sono scappati i buoi, la mamma affettuosa ma distratta) ma tutto sommato il film ha delle sue originalità che lo diversificano un po' dal solito canovaccio del genere.
Attori giovani e simpatici completano il tutto, contribuendo a fare di questo film uno di quelli che, senza troppe pretese, a volte permettono di riflettere su qualcosa, prendendolo sul serio senza annoiare.
Se vi piace il genere, sicuramente lo apprezzerete!



lunedì 24 agosto 2015

Come rubare un milione di dollari e vivere felici ( How to steel a Million), 1966


 Regia di William Wyler, con Audrey Hepburn (Nicole Bonnet),Peter O'Toole (Simon Dermott),Hugh Griffith /(Charles Bonnet), Eli Wallach (



Lo stimato collezionista inglese Charles Bonnet è in realtà un abilissimo falsario, tant'è che arriva a prestare ad un prestigioso museo parigino la sua Venere del Cellini, ovviamente spacciandola per ver.
Purtroppo per lui le cose stavolta sembrano mettersi male: un gruppo di critici deve esaminare la statua per avere la certezza che sia l'originale.
Nicole, figlia di Charles, preoccupata per il padre decide di aiutarlo rubando la statua dal museo, e come complice ingaggia il ladro Simon, da lei sorpreso una notte nel salotto di casa. MA Simon in realtà è un poliziotto che lavora sotto copertura....


Un simpatico classico che riunisce sullo schermo una coppia di divi tra i più amati dell'epoca, Peter O'Toole e Audrey Hepburn; i quali non è che facciano faville, ma sono certamente gradevoli da vedere assieme e sopratutto sono il motore principale della storia, sottraendo un po' di spazio agli altri attori e rispettivi personaggi.
E, bravura a parte (di cui certamente non difetta il resto del cast), è naturale che sia così: sono giovani, bellissimi ed elegantissimi, sopratutto lei, che tra l'altro viaggia su un'auto italiana he qualche anno dopo diventerà un must del cinema comico italiano: la mitica Autobianchi Bianchina...ovvero, la Bianchina di Fantozzi.
La storia è carina e accattivante, il ritmo abbastanza vivace, i battibecchi tra i due innamorati e tra Nicole e il padre simpatici....direi che  uno spettatore non particolarmente esigente può rimanerne soddisfatto, anche se non siamo dalle parti del capolavoro.







giovedì 20 agosto 2015

Nuovo cinema Paradiso, 1988


 Regia di Giuseppe Tornatore, con Philippe Noiret (Alfredo), Salvatore Cascio (Totò bambino), Marco Leonardi (Totò giovane), Jacques Perrin (Totò adulto), Agnese Nano (Elena giovane) Pupella Maggio (mamma di Totò anziana),Antonella Attili (mamma di Totò giovane),Leo Gullotta (Ignazio),Leopoldo Trieste (padre Adelfo).

 Fine anni ’80: Salvatore Di Vita, famoso regista, torna al paese natale  Giancaldo, in Sicilia, per partecipare ai funerali di Alfredo, il vecchio proiezionista del cinema di paese che ha avuto un ruolo importante nella sua vita. Ripercorre così la sua vita, partendo dall’infanzia: il piccolo Totò ha una vera e propria passione sfrenata per il cinema, ma per la madre Maria, rimasta vedova con due figli piccoli, mantenere una famiglia negli anni del secondo dopoguerra è una grande fatica e i soldi per il cinema sono un lusso. Così Alfredo, il proiezionista si offre di prendere con sé il bambino durante le ore di lavoro, permettendogli di vedere tutte le pellicole che vuole e insegnandogli il mestiere…


Compie 25 anni (vabbè, in realtà li ha compiuti l'anno scorso) uno dei miei film preferiti, e uno dei più bei film italiani di tutti i tempi, oltre che il migliore omaggio alla settima arte.
Scusate la sviolinata ma davanti a questo film non posso assolutamente essere imparziale: il piccolo Totò che pianta i capricci per andare al cinema e colleziona pezzi di fotogrammi tagliati sono io da piccola (solo che io non ebbi la fortuna di conoscere un qualche Alfredo), Totò adulto che entra nel vecchio cinema ormai in disarmo sono io da adulta (l'ho fatto davvero, con uno dei miei cinema preferiti qui a Brescia ormai chiuso da anni), e tutto l'amore per il cinema di cui è permeata la pellicola sono sempre io in tutti questi 35 anni, dato che ho cominciato ad appassionarmi al cinema da piccolissima.
Se esistesse il film perfetto, penso proprio che "Nuovo cinema Paradiso" potrebbe essere questo film senza sforzo. 

Si ride e ci si commuove vedendo sullo schermo del vicende di un piccolo cinema di paese che diventa il crocevia di un mondo intero: amori, ossessioni, cambiamenti di mentalità e costumi col passare degli anni, incontri, amicizie, nascite, matrimoni....la storia di un'Italia più povera ma anche più ottimista e sognatrice, che sapeva divertirsi con poco ed entusiasmarsi per le storie raccontate sul grande  schermo, sia che fossero i capolavori del cinema neorealista che i film western o comici; riporta fedelmente il ritratto di un'epoca dove il cinema era un evento, un rito collettivo che coinvolgeva anche fisicamente lo spettatore (le sonore risate del pubblico, gli applausi e il tifo per il buono di turno, i commenti ad alta voce, persino- in una scena- una mamma che allatta i figlioletto), tutte cose oggi scomparse, uccise da troppa modernità, troppa tecnologia...da troppe cose che non sto qui a dire, altrimenti perdo di vista tutto il resto.
un'epoca in cui il cinema era un'esperienza collettiva, un'occasione di ritrovo, di svago, di conoscere un po' il mondo al di fuori del paesino; per Totò diventa addirittura l'occasione per imparare un mestiere che sarà la base dell sua futura carriera.
Il piccolo totò è il simbolo di tutto ciò, mentre Totò adulto è il simbolo della disillusione dolorosa non solo del personaggio (che ha avuto la carriera che desiderava ma ha anche una vita privata arida e vuota, tanto che lui stesso cnsidera ancora l'epoca dell'infanzia come la migliore della sua vita) ma anche qui- del Paese, che sta lentamente precipitando verso degrado e crisi. L'abbattimento del cinema Paradiso per farne un supermercato e le varie reazioni di coloro che vi assistono (il dolore di Totò, di Elena, di Spaccafico e dei "vecchi" contro l'indifferenza e il divertimento dei più giovani, che non hanno vissuto l'epoca del cinema) è, in questo senso, il vero finale del film, la scena che più simboleggia il passare del tempo. 

Lo spunto per mettere in scena tutto ciò è l'amicizia (forse, più un rapporto padre-figlio) tra il proiezionista Alfredo e il piccolo  Totò, che  diventerà suo compagno apprendendo i trucchi del mestiere, che gli salverà la vita e ne raccoglierà l'eredità come proiezionista; accanto a questi due straordinari personaggi, altri personaggi tutti straordinari nel loro piccolo: Maria, la mamma di Totò, interpretata da anziana da una straordinaria e bellissima  Pupella Maggio al suo ultimo ruolo (protagonista tra l'altro di un lungo e toccante monologo verso la fine che io ho fatto in tempo a vedere nella versione tv, ma che in DVD hanno tagliato, mannaggia!), Spaccafico il napoletano ("quello del nord" lo chiamano in paese) che vincendo alla Sisal acquisterà il cinema distrutto ridonandogli nuova vita, Ignazio il matto del paese (Leo Gullotta); il parroco Don Adelfo, sempre preoccupato della morale, tanto irreprensibile quando si tratta di censurare i baci tanto umano per il resto; Elena, l'amore perduto e mai dimenticato; Peppino, l'amichetto di Totò che il padre comunista sogna di vedere carabiniere, la cui famiglia se ne andrà in Germania per sfuggire alla miseria; lo spettatore di film melodrammatici che conosce a memoria "Catene"....il solito micrcosmo di paese presente in gran parte di cinema e letteratura, qui reso unico e forse un poco edulcorato. E poi loro, i due protagonisti interpreti dagli anch'essi ottimi Philippe Noiret e Salvatore Cascio,che per qualche tempo divenne il bambino più famoso in Italia, anche se la sua carriera proseguì dopo per solo un paio di film. 

La colonna sonora (per me una delle migliori in assoluto della storia del cinema) è uno dei capolavori di Ennio Morricone, che qui dà il meglio di sè realizzando temi che sottolineano in modo talmente intenso le scene da commuovere solo a sentirli: io per esempio, non so trattenere le lacrime nella scena in cui Totò, tornato per il funerale di Alfredo dopo tanti anni, viene accolto in una cameretta dove la madre ha raccolto i ricordi del cinema Paradiso, i suoi ricordi più cari. Ma non riesco a trattenermi nemmeno nella scena finale dei baci, o quando Totò, dopo aver ricevuto la notizia della morte del padre in guerra, passa davanti al manifesto di "Via col vento" e, guardando Clarke Gable (a cui Alfredo gli aveva raccontato che il padre assomigliava) dice "Ciao papà".
Ecco, mi sono svelata....e forse ho scritto anche troppo. Basti dire che di questo film mi sono innamorata al primo passaggio televisivo (ero alle medie), e ancora adesso nn lo guardo spesso per non emozionarmi troppo.
Probabilmente uno dei film che più ha meritato l'Oscar (vinto nel 1990,  come miglior film straniero) nella storia del cinema, oltre agli innumerevoli altri premi assegnatili.
Buon compleanno, cinema Paradiso!




martedì 18 agosto 2015

La risposta è nelle stelle (The longest ride), 2015



Regia di George Tillman jr, con Scott Eastwood (Luke Collins), Britt Robertson (Sophia Danko),Jack Houston (Ira Lewinson), Oona Chaplin (Ruth Levinson), Alan Alda (Ira  anziano),Lolita Davidovich (madre di Luke).



Sophia, studentessa d'arte, conosce Luke, domatore di tori nei rodei, ed è subito amore; una sera la coppia si trova a soccorrere Ira, un'anziano vittima di un incidente strdale: andandolo a trovare tutti i giorni Sophia fa amicizia con lui, che le racconta la sua storia.
Da giovane Ira era innamorato di Ruth, con la quale progettava di sposarsi e formare una famiglia, ma a causa di una ferita durante la guerra divenne sterile; Ruth però decise di sposarlo ugualmente...





Tratto dal romanzo omonimo di Nicholas Sparks, è il secondo film fra tutti quelli tratti dai libri dello scrittore americano a non finire male: che Nicholas si sia finalmente convertito al lieto fine? Speriamo!
Un film carino per far passare due ore, il cui pregio, oltre ai bellissimi paesaggi, è sicuramente il protagonista maschile Scott Eastwood, che ha ereditato dal padre il fisico (anche se non si capisce bene se abbia ereditato pure qualche capacità recitativa: sono in dubbio, non mi pare malaccio ma devo dire che non mi pare nemmeno abbia brillato) e che sta ora iniziando la sua carriera; Scott e la partner femminile Britt Robertson dividono la scena con la coppia di innamorati vissuta 60 anni prima, gli ebrei Ira e Ruth: 


apparentemente le storie e le problematiche delle due coppie sono diversissime, ma attraverso gli insegnamenti dell'anziano Ira Sophia e Luke sapranno venirsi incontro e far funzionare la loro storia nonostante interessi, personalità e vite apparentemente inconciliabili: lei appassionata d'arte e proiettata in un futuro lavorativo in una galleria d'arte, lui più rustico e amante della vita nel ranch di famiglia.
Certo il colpo di culo finale (scusate il termine ma qui proprio ci vuole: lo hanno esclamato in coro anche alcune persone al cinema!) li aiuta non poco....della serie: i soldi non faranno la felicità ma un aiutino lo danno eccome....





martedì 11 agosto 2015

Babadook (The Babadook), 2014




Regia di Jennifer Kent, con  Essie Devis (Amelia Vanek),Noah Wiseman (Samuel Vanek),Barbara West (Gracie),Hailey McKinley (Claire).





Amelia è una giovane vedova che cresce da sola il figlio Samuel, bambino problematico e pieno di fantasie orrorifiche, che per questo viene allontanato dai coetanei e anche dagli adulti, dato che la madre rifiuta qualsiasi tipo di aiuto o consiglio che gli proponga una visita da qualche psicologo infantile.
La situazione, già pesante di suo, è destinata a peggiorare progressivamente, dato che in casa appare "mr Babadook", in misterioso libro contenente un'inquietante personaggio che, senza che nessuno se ne accorga, penetra pian piano nelle vite di Amelia e Samuel sconvolgendole...



Niente da fare, l'horror non è il mio genere: non perchè ne abbia paura, ma proprio per il motivo contrario, di solito mi stufano questi film!
Stavolta sono stata attirata al cinema dalla presentazione fatta sul volantino della multisala, che diceva (cito testualmente): "
Di Hugo francamente non ho trovato nulla, di Meliers qualcosina: oltre alle citazioni dei film tv, la figura del Babadook  e i suoi modi di manifestarsi...troppo poco per i miei gusti, Quando si dice "pubblicità ingannevole"...
Comunque sia il film non è disprezzabile, anche se di horror ho trovato solo l'immensa solitudine in cui la povera Amelia è immersa, causa dello stress fisico e psicologico cui è quotidianamente sottoposta e che la sta praticamente ammazzando. Certo, lei rifiuta di farsi aiutare quando, a scuola, gli insegnanti consigliano un aiuto psicologico per quel bambino un tantinello strano, però è incredibile anche il comportamento della sorella, della datrice di lavoro quando dice di essere ammalata....l'unica che davvero sta vicino ad Amelia e Samuel è l'anziana vicina.
Anche se non fosse arrivato Babadook (che ha presa su Amelia proprio perchè lei si ostina a non riconoscerne l'esistenza: su Samuel non ha presa proprio perchè invece il bambino ammette il contrario), la poveretta avrebbe dato fuori di testa comunque, con minore escalation. Protagonisti efficaci quel tanto che basta, atmosfera claustrofobica (la vicenda è quasi interamente ambientata in casa) e messaggi subliminali (il mostro in realtà è dentro di noi, e anche se non riusciremo a farlo sparire dalle nostre vite dobbiamo imparare a controllarlo) costituiscono la parte fondamentale di questo film. Di paura...nemmeno l'ombra, come sempre!







martedì 4 agosto 2015

I miei film preferiti


Appena tornata dalla vacanze, voglio spezzare un po' il solito tran tran delle recensioni con un post un tantino diverso. Nulla di trascendentale, eh...solo, la mia top ten di film preferiti:


- Radiofreccia (1998), di Luciano Ligabue; 








- Colazione da Tiffany (1961), di Blake Edwards;



- Vacanze romane ( ), Di William Wilder;


- Romanzo criminale (2005), di Michele Placido;



-Mio fratello è figlio unico (2997), di Daniele Lucchetti;



- La febbre del sabato sera (1977), di



- In ginocchio da te (1964), di Ettore Maria Fizzarroti;




- Chiedimi se sono felice (2001) di Aldo Giovanni e Giacomo;



- Via col vento (1938), di



-Alice nel paese delle meraviglie (1960), di Walt Disney;



- Sweeney Todd, il diabolico barbiere di Fleet Street (2007), di Tim Burton;



- La prima cosa bella (2010), di Paolo Virzì;



Ho sforato? Eh, lo so, d'altronde non sempre riesco a "contenermi" (ho lasciato fuori comunque un sacco di film)...