domenica 29 aprile 2018

Victoria- Stagione II, 2017



Regia di    , con Jenna Coleman (Victoria), Tom Hughes (Albert), DAvid Oakes (Ernest),Daniela Holtz (Baronessa Lezhen), Nell Hudson (Nancy Skerret), Nigel Lindsay (Sir Roger Peel), Rufus Sewell (Lord Melbourne), Ferdinand Kingsley (Charles Emè Francatelli).




Victoria e Albert hanno avuto la loro prima figlia, Victoria detta Vicky: la maternità non ha cambiato le abitudini della giovane regina, che  non intende rinunciare al proprio ruolo e alle proprie responsabilità e in realtà fatica molto ad accettare il suo ruolo di madre, trascurando la piccola figlia Vicky. Nel frattempo il principe Albert riceve uan scioccante rivelazione dallo zio Leopold....





Essendo riuscita a vedere senza problemi la prima serie di "Victoria" in lingua originale con sottotitoli, ho scaricato e visto anche la seconda. E anche questa mi è piaciuta molto, anche se purtroppo non ho potuto trattenere un moto di disapprovazione verso il personaggio di Victoria: certo, rendere in maniera realistica la storia e i personaggi senza edulcorarli ma anche senza dare giudizi impliciti è sempre un merito, tuttavia è più forte di me: quando vedo un personaggio che non ama i propri figli o se ne disinteressa, anche se mi è piaciuto in precedenza, questo personaggio ai miei occhi perde molto. Certo, pare che la realtà fosse ancora peggio di quanto mostrato nella fiction: sembra proprio che la vera Victoria accettasse per forza i figli ma che non li amasse per nulla, ritenendoli solo un impiccio. Amava solo il suo cagnetto Dash,e  prediligeva coccolare lui piuttosto che i figli, come mostrato anche qui. Almeno, questa spiacevole realtà nella fiction è messa in modo diverso:Victoria soffre di sindrome post partum e per questo è per lei così difficile adattarsi alla maternità, ma col tempo e l'amore del marito Albert supererà anche questa fase dolorosa, diventando una mamma affettuosa per i piccoli figli. La parte è anche utile per mostrare un argomento che interessa molte donne e di cui per fortuna negli ultimi anni si sente spesso parlare senza vergogna, ma su cui ancora bisogna lavorare molto.
In compenso, la "caduta" di Victoria tra le mie preferenze ha aumentato molto l'interesse verso altri personaggi: Mr Francatelli e Nancy Skerret, e Ernest, il fratello di Albert. I primi due protagonisti di una tenera "simpatia" che sembra proprio amore anche se non riescono a venirne a capo, il secondo personaggio che sotto la patina di gaudente superficialità è capace di profondi sentimenti e di essere di supporto al fratello Alberto, che in questa stagione come personaggio sembra maturato anche se francamente non è che il suo fascino sia aumentato ai miei occhi. Qui però si rivela un marito e padre affettuoso (più della moglie sicuramente per i loro figli) oltre a un valido sostegno per Victoria, anche se non riesce purtroppo a comprenderne del tutto le difficoltà nel periodo post partum; questo nonostante anche lui contemporaneamente debba affrontare una rivelazione scioccante sul suo passato che gli farà affrontare un periodo di crisi davvero nera. 
Personaggi molto interessanti, quindi, e ben delineati dai rispettivi attori; sullo sfondo, la Storia inglese dell'epoca e il modo in cui Victoria comincia a prendervi parte.
Aspetto che realizzino la terza serie....





lunedì 23 aprile 2018

Hotel Transylvania, 2012


Regia di Genndy Tartacovskjy, con le voci italiane di: Claudio Bisio (Dracula), Cristiana Capotondi (Mavis), Davide Perino (Jonathan), Paolo Marchese (Frankenstein), Luca Del FAbbro (wayne).



Il conte Dracula gestisce l' hotel Transylvania, un hotel interamente riservato ai mostri, in cui ha cresciuto da solo la figlia Mavis dopo la morte della moglie.
Lo scopo dell' hotel è permettere ai mostri - che non sono affatto cattivi come si crede- di vivere allo scoperto  senza rischiare di essere preda degli umani e senza dover nascondere la loro natura.
Quando Mavis compie 118 anni e diventa maggiorenne, accade l'impensabile: come regalo la ragazza chiede di poter uscire dall' hotel e andare nel mondo degli umani...






Un simpatico cartone animato dove la prospettiva dei film dell'orrore classici viene completamente ribaltata: infatti i mostri classici non sono affatto cattivi e spaventosi, e la paura e la diffidenza degli umani nei loro confronti è frutto semplicemente di ignoranza.
A partire dal protagonista, il famigerato conte Dracula, qui segnato da una terribile tragedia: molti anni prima la moglie Martha venne uccisa da alcuni umani inferociti, che pensavano che la coppia volesse ucciderli. Chiuso nel suo dolore, il conte ha trovato uno scopo nella vita nel creare un luogo dove i "mostri" possano riunirsi per stare assieme e divertirsi senza pericoli, l' Hotel Transylvania appunto, nel quale ha anche cresciuto l'amata figlia Mavis. Che però ora sta per compiere 118 anni, l'equivalente dei nostri 18 anni....e quindi, sta per diventare maggiorenne.
Papà Drac ha organizzato per lei una bellissima festa all'Hotel invitando tutti gli amici più cari: Il lupo mannaro Wayne con la moglie Wanda e la sua numerosa cucciolata, Frankestein con la moglie Eunice , la Cosa....purtroppo però il poveretto deve fronteggiare una nuova realtà che ha sempre temuto: Mavis infatti è una ragazza vivace e curiosa, e come regalo chiede al padre di lasciarla andare fuori dall'Hotel, a visitare il mondo degli umani. Proprio quello che lui ha sempre temuto!
Se con un bizzarro stratagemma (che qui non vi spoilero) Drac pensava di essere riuscito a far desistere la figlia dal suo proposito, il peggio deve ancora arrivare; il vero pericolo si concretizza infatti nei panni di Jonathan, un giovane turista americano (E umano!) coetaneo di Mavis, che chissà come, è riuscito a introdursi nell' Hotel, e che non è per nulla spaventato da tutti i mostri che vede attorno a sè, anzi....
Mavis e Johnny si incontrano, fanno amicizia e....vi lascio immaginare come prosegue la storia. Il povero Drac dovrà fare un duro lavoro su sè stesso, sulle proprie paure e pregiudizi per capire alla fine, che è giusto che l'uccellino lasci il suo nido e si apra alla vita con le proprie esperienze.
E secondo me questa parte del cartone è resa molto bene, in maniera tenera e comica, ma anche realistica: Drac ha sofferto molto, ha fatto di tutto per proteggere sua figlia e dargli una vita serena, ma si rende conto che ciò non può durare per sempre: Mavis ha diritto a vivere la sua vita e fare le sue scelte, altrimenti sarebbe infelice. L'importante è che il papà amorevole sia lì, pronto ad accoglierla quando avrà bisogno.
In linea di massimo tutti i personaggi del cartone sono ben tratteggiati, divertono, hanno le caratteristiche dei loro eponimi horror ma fatte in modo da renderle comiche; il personaggio che mi è piaciuto di più- anche graficamente- è Mavis che per alcuni aspetti ( e sì, ridete pure) mi ha ricordato me alla sua età.
Non solo per bambini, quindi...





Verne Troyer

E' morto A Lpos Angelese, all'età di 49 anni l'attore Verne Troyer, famoso caratterista americano noto sopratutto per il ruolo di Mini- Me nella serie di "Austin Powers".
Era nato a Sturgis nel 1969, e pare che negli ultimi anni abbia sofferto di depressione.
Tra i suoi film , oltre a quelli di Austin Powers, ricordiamo "Men in black" (1997), "Paura e delirio a Las Vegas" (1998), "Il Grinch" (2000), "Harry Potter e la pietra filosofale" (2001), "Parnassus- L'uomo che voleva ingannare il diavolo" (2009).



venerdì 20 aprile 2018

Immaturi- La serie, 2017



Regia di Rolando Ravello, con Ricky Memphis (Lorenzo), Luca Bizzarri (Piero), Paolo Klessisoglu (Virgilio), Nicole Grimaudo (Francesca), Sabrina Impacciatore (Serena),Ilaria Spada (Claudia), Maurizio Mattioli (Maurizio), Paola Tiziana Cruciani (Iole), Daniele Liotti ( ), Ninni Bruschetta ( ), Micaela Dorlan (Simona), Carlotta Antonelli (Lucrezia),Andrea Carpenzano (Savino)



Un gruppo di ex studenti di un liceo romano vede avverarsi il suo peggiore incubo: dopo vent'anni, per un difetto di forma, il loro diploma di maturità viene annullato e non ci sono santi: non solo saranno costretti a ripetere l'esame di maturità- pena l'annullamento di ogni altro titolo conseguito nel frattempo- ma per farlo dovranno pure tornare tra i banchi assieme a ragazzi 18enni!
Ma non tutto il male viene per nuocere: dopo vent'anni Lorenzo, Piero,Serena, Virgilio, Francesca e Luisa scoprono il piacere di ritrovare la vecchia amicizia e anche- in fondo- di poter tornare a sognare per qualche ora al giorno sui banchi di scuola, dimenticando problemi personali e dispiaceri della vita. Assieme a loro, altri 18enni veri, che in molte occasioni si dimostreranno più maturi degli adulti e attenti ai veri valori della vita, che i grandi hanno dimenticato....



Nel 2011 il film "Immaturi" aveva ottenuto molto successo al cinema, e anche a me era piaciuto molto: scontato quindi che sette anni dopo ho seguito volentieri la fiction ad esso ispirata, anche se con un po' di timore che la storia e i personaggi venissero snaturati. E invece per fortuna non è andata così, anzi ho trovato che la serie tv approfondisca personaggi e situazioni, anche se qualche banalità inutile non manca.
Con il film la serie tv mantiene in comune quattro interpreti con rispettivi personaggi: Ricky Memphis nel ruol di Lorenzo, Maurizio Mattioli in quello di suo padre, Paolo Klessisoglu e Luca Bizzarri nei ruoli di Virgilio e Piero. Viene tolto il personaggio di Raoul Bova e al suo posto aggiunto quello di Sabrina Impacciatore: conosciamo così Serena, ricca e viziata moglie di un industriale e madre dell'adolescente Lucrezia, che frequenta lo stesso liceo in cui andava la mamma.
Ciò che accade ai protagonisti è uno dei peggiori incubi di molti adulti, e non solo per l'annullamento dell'esame ma perchè sopratutto saranno costretti a ripetere l'anno scolastico in classe con i comuni studenti. Tutto questo a 38/40 anni, con vite già impostate nel bene e nel male....anche se non proprio in maniera soddisfacente. Il caso più evidente è quello della ricca Serena, a cui arriva la notizia quando è da poco stata abbandonata  dal marito che, per evitare guia giudiziari dovuti evidentemente ai suoi imbrogli, pensa bene di mollare moglie e figlia senza più un soldo in tasca, dato che ogni proprietà (villa compresa) viene sequestrata. Le due donne sono così costrette ad andare a vivere in una misera pensione, e Serena per la prima volta dovrà addirittura (per lei!) lavorare: va da sè che l'esperienza piano piano la farà maturare come persona e le darà il coraggio di cambiare vita. Tutto questo mentre si ritrova compagna di scuola della figlia (solidarietà alla povera Lucrezia...). 

Anche agli altri la vita non ha riservato granchè: Luisa è una madre single, Francesca è sessodipendente e si sta curando con una terapia di gruppo, Lorenzo è un bamboccione ancora a casa dei genitori, Virgilio e Paolo non si vedono da vent'anni perchè il primo è accusato di essere stato con l'allora fidanzata del secondo. Niente di tragico, per carità...solo, vite insoddisfatte, non pienamente vissute, come purtroppo ce ne sono tante. Persone disilluse che sicuramente si aspettavano di più e che- segretamente ma non troppo- sognano di tornare indietro almeno un po'; Piero (che fa il dj) ha addirittura creato una rubrica radio intitolata "Vorrei tornare..." dove ogni ascoltatore può raccontare un momento della sua vita a cui vorrebbe tornare, solitamente quello più felice. Lo spiacevole imprevisto alla fine sarà quell'occasione che essi cercavano, e che darà loro l'opportunità di ritrovare l'amicizia che li legava, di riparare a torti subiti, di porre fine ai loro problemi. Un po' idilliaco forse, ma è bello sognare ogni tanto....
Accanto alle vicende degli adulti, il gruppo dei giovanissimi, che spesso si dimostra più maturo dei grandi: Lucrezia, la figlia di Serena, e il suo ragazzo Savino, figlio di un autista di bus padre single; Doriana, appassionata di cinema; Francesca, ragazza con problemi di salute seguita di nascosto dalla severa prof di filosofia  di cui Paolo si innamora. Non manca qualche punto debole nella storia: ad esempio, ho trovato snervante il continuo sottolineare in maniera ingigantita da parte del personaggio del bravo Maurizio Mattioli la "bsmbocciaggine" del figlio: è vero, Lorenzo ha un lavoro, ma molte persone si trovano a vivere quella realtà per via del lavoro carente o che manca, non è bello alla fin fine vedere tutto 'sto accanimento; o anche, la storia tra Serena e il padre di Savino non mi ha colpito granchè, mi è sembrata molto banale; per finire la storia che coinvolge Virgilio e Doriana mi ha fortemente infastidito, possibile che un uomo adulto si comporti così con una ragazzina che potrebbe essere sua figlia?!
Ma nessuno è perfetto, e questa serie merita davvero, molto più di certe americane.


martedì 17 aprile 2018

Io sono Tempesta, 2018


Regia di Daniele Lucchetti, con Marco Giallini (Numa Tempesta), Elio Germano (Bruno), Francesco Ghenghi (Nicola), Eleonora Danco (Angela),Luciano Curreli (L'Ingegnere), Jo Sung (Dimitri).


Numa Tempesta è uno "squalo" della finanza che sta per avviare un importante progetto in Kazakistan. Peccato che i suoi avvocati lo informino che dovrà scontare ai servizi sociali una condanna risalente a qualche anno prima per frode fiscale. Inizialmente Numa, abituato al lusso sfrenato, non sopporta un posto dove  gli sono stati ritirati pure passaporto e cellulare, e che pullula di gente povera che ha perso tutto in breve tempo, come Bruno, padre single finito al centro con  il figlio Nicola, ma passando il tempo si abitua e, incredibilmente, si sente perfino meno solo....



Devo ammettere che non ho ben capito dove voglia andare a parare il regista con questo film, simpatico e gradevole, ma che da metà circa si perde  quasi completamente.
Se le vicende di Numa Tempesta ricordano inevitabilmente quelle di alcuni personaggi della cronaca italiana- in primis Silvio Berlusconi e Stefano Riccucci- lo scopo iniziale del film sembrerebbe fornire un ritratto di una società e di una politica che stanno cambiando (mah!!), anche se i vizi della corruzione, del familismo, delle raccomandazioni e dei favoritismi sono purtroppo ancora troppo ancorati, e non solo ai piani alti.
E difatti a un certo punto anche quelli che sono i poveri, gli "ultimi", che disprezzano tanto le persone come Numa, alla fin fine si dimostrano non essere poi tanto migliori, ben disposti anche loro a speculare e intrallazzare pur di uscire dalla loro situazione di disagio e povertà; se ciò è comprensibile finchè essi per vivere dipendono dal centro Caritas e dormono addirittura dove capita perchè realmente non hanno più nulla, nel finale (SPOILER) non si può non notare che non solo si risollevano grazie all'ennesimo imbroglio di chi condannavano, ma che lo fanno grazie a una sala slot contribuendo quindi a rovinare qualcun' altro.
Per il resto come ho detto dopo un po' il film si perde, in quanto il "come" si arriva a questo finale non è congruente con le premesse o con quanto narrato finora: personaggio "simbolo" di questa caratteristica negativa del film è Angela, la direttrice del centro di accoglienza che agisce in modo totalmente incoerente per buona parte del film, senza che ce ne vengano spiegati oltretutto i motivi.
Peccato perchè le prove attoriali di Giallini  e Germano sono più che buone, anche se a loro sia affianca un ottimo comprimario: si tratta del piccolo attore che interpreta Nicola, il figlio di Bruno, che sa vedere molto più in là degli adulti e che, grazie al cielo, è privo della leziosaggine di cui vengono ammantati molti piccoli attori nei loro film.
Comunque godibile per una serata senza troppe pretese al cinema.






lunedì 16 aprile 2018

Lee Ermey

E' morto all'età di 74 anni l'attore Lee Ermey, famoso per aver interpretato il bastardissimo Sergente Hartman in "Full metal jacket" di Stanley Kubrick.
Vero nome Ronald Lee Ermey, era nato nel 1944 A Emporia, e prima di fare l'attore era stato davvero per molti anni Sergente dei Marines, fino a quando durante la guerra nel Vietnam fu congedato per motivi medici a causa di alcune gravi ferite riportate. Esordì in un film per la tv sulla guerra del Vietnam nel 1978; negli anni seguenti interpreta ruoli minori in varie pellicole, tra cui un elicotterista in "Apocalypse now" di Coppola, fino a quando nel 1987 viene scelto per interpretare il personaggio del Sergente Hartman, che rimarrà nella storia del cinema, che regalò al suo interprete una nomination ai Golde Globe come migliore attore non protagonista; per quel ruolo Ermer scrisse i dialoghi della sua parte quasi interamente da solo.
Dopo quel film la sua carriera ritorna più o meno nell'anonimato, anche se lavora comunque in molti film fino al 2012. Tra questi ricordiamo "Dead man walking" (1995), "Seven" (1995), "L'isola dell'ingiustizia" (1996), "Non aprite quella porta" (2003).





domenica 15 aprile 2018

Vittorio Taviani

E' morto a Roma all'età di 88 anni il regista Vittorio Taviani, assieme al fratello Paolo uno dei più famosi e importanti registi del cinema italiano.
Nato a San Miniato, assieme al fratelle si trasferirono negli anni '50 a Roma dove cominciarono a lavorare nel mondo del cinema come sceneggiatori e registi di documentari e aiuto registi.
Il primo film fu  (1962) "un uomo da bruciare", assieme all'amico Valentino Orsini, ispirato alla vita di un sindacalista siciliano del dopoguerra ucciso dalla mafia; il primo film esclusivamente girato da loro invece fu nel 1967 "I sovversivi".
Da allora, firmano assieme alcuni dei più importanti film del cinema italiano: "San Michele aveva un gallo" (1972), "Padre Padrone" (1977), "Kaos" (1984 )- ispirato ad alcune novelle di Pirandello e vincitore del DAvid di Donatello e Nastro D'argento per la sceneggiatura, scritta con Tonino Guerra, "La notte di San Lorenzo" (1982) (vincitore del Gran Premio della Giuria a Cannes), "fiorile" (1989), "Le affinità elettive" (1993), "Tu ridi" (998)- ancora tratto da Pirandello-, "L masseria delle allodole" (2007), "Cesare deve morire" (2012), girato con i detenuti del carcere di Rebibbia, "Maraviglioso Boccaccio" (2014) (rilettura di alcune novelle del Decamerone), e l'ultimo "Una questione privata" (2017), tratto dal romanzo di Beppe Fenoglio.









Isabella Biagini

E' morta all'età di 75 anni l'attrice Isabella Biagini, famosa per le commedie sexy degli anni '70 e per film comici in generale.
Nata a Roma nel 1943, esordì al cinema nel 1955 con una piccola parte in "Le amiche" di Michelangelo Antonioni.
Il suo exploit però, come detto prima, arriva negli anni '60/'70 con le commedie sexy, in cui solitamente interpretava la bionda svampita e sexy di turno; personaggi non molto approfonditi- diciamo la verità- ma che riuscivano a divertire il pubblico, che in quegli anni conobbe la Biagini anche in tv come imitatrice di vari personaggi femminili famosi.
Purtroppo dopo quella stagione arrivò il declino, facilitato anche da una vita personale tormentata da fragilità di vario tipo, dal fallimento di due matrimonio e sopratutto, nel 1998, dalla morte della figlia Monica per una grave malattia.
Infatti l'attrice, nelle sue interviste (anche recenti) diceva che la fama di oca svampita per lei era stata più deleteria che altro, non solo l'aveva rovinata professionalmente visto che non la chiamavano per altri tipi di film, ma anche nella vita visto che la gente si approcciava a lei per ritrovare i personaggi dei film, mentre la vera Isabella era anche molto altro. Un problema comune a molti attori, credo.


Tra i suoi film ricordiamo: "Le amiche" (1955), "La zia d'America va a sciare" (1957),"Io non vedo, tu non parli, lui non sente" (1971), "L'erotomane" (1974), "Paolo il freddo" (1974), "Il ginecologo della mutua" (1977), "La cameriera seduce i villeggianti"(1979), "CApriccio" (1987).





Milos Forman

E' morto a   , all'età di 86 anni, il regista di origine ceca Milos Forman (vero nome Jan Tomas Forman).

Era nato a Caslav (Cecoslovacchia) nel 1932, e ancora bambino perse entrambi i genitori, deportati  e morti nei due campi di sterminio di Buchenwald e Auscwitz. Dopo la loro morte visse con gli zii.
Emigrato in USA dopo la "primavera di Praga", si mise subito in luce come regista alternativo di film anche scomodi, sopratutto di denuncia sociale: in particolare il film che lo fece conoscere al grande pubblico fu "Qualcuno volò sul nido del cuculo" (1975), con Jack Nicholson, vincitore di cinque premi Oscar compreso miglior film e migliore regista. In seguito girò "Hair" (1979), musical pacifista, "Ragtime" (1981), film denuncia ambientato all'epoca del proibizionismo, "Amadeus" (1985), considerato assieme a "Qualcuno volò sul nido del cuculo" il suo capolavoro, sulla vita di Mozart e con il quale si aggiudica altri otto  Oscar, compreso anche stavolta quello come miglior film e miglior regista.
Seguono negli anni "Valmont" (1989)- altra versione de "Le relazioni pericolose"- "Larry Flint oltre lo scandalo" (1996), "Man on the moon" (1999) e "L'inquisitore" (2006), suo ultimo lavoro.
Dopo quest'ultimo film si mise a lavorare a una trasposizione cinematografica del film "Il fantasma di Monaco", ma nel 2011 annunciò il suo ritiro dla mondo del cinema a causa di una degenerazione che da tempo affligge la retina dell'occhio destro.





venerdì 13 aprile 2018

L'oro di Scampia, 2014

 Regia di Marco Montecorvo, con Beppe Fiorello (Enzo Capuano), Gianluca Di Gennaro (Tony Capuano),Gaetano Bruno (Nicola), Anna Bellezza (Leda),Domenico Pinelli (Felice), Anna Foglietta (Teresa Capuano), Christian Palati (Lello).


A Scampia, Enzo Capuano gestisce una piccola palestra dove, assieme all'amico Nicola, insegna judo ad alcuni ragazzi del quartiere: l'obiettivo è quello di tenerli il più possibile lontano dal mondo della criminalità, realtà purtroppo troppo radicata in quel quartiere. Proprio per questo verrà preso di mira dai boss che non gliela faranno passare liscia...




Il film è ispirato alla storia vera di  Pino Maddaloni, campione olimpico di judo alle Olimpiadi di Sidney nel 2000, raccontata nel libro "La mia vita sportiva" di Gianni Maddaloni, padre di Pino.
e rientra nel filone dei film con sfondo sociale, in particolare racconta una storia di redenzione e speranza attraverso lo sport. Nulla di particolarmente originale, quindi, ma trovo che questo tipo di film sia sempre utile per trasmettere esempi e messaggi positivi sopratutto nei più giovani.
La storia è ambientata nel quartiere napoletano di Scampia, che penso non abbia bisogno di presentazioni per la sua fama (purtroppo) negativa: la camorra spadroneggia, e spesso anche chi in situazione di normalità tenta di non lasciarsi sopraffare e  di vivere normalmente viene comunque coinvolto, visto che i boss non ci pensano due volte ad incendiare attività consdierate fastidiose: tra queste la palestra dove il protagonista Enzo assieme all'anziano amico Nicola organizza corsi di judo per bambini e ragazzi, con l'obiettivo di tenerli lontano dalla camorra, insegnare loro le regole dello sport che poi possono applicare anche nella vita, e magari dare loro una prospettiva per un futuro diverso. Enzo vive assieme alla moglie Teresa e ai figli, è l'unico che ha un lavoro, la famiglia dipende da lui; le pressioni sono tante ma tutto sommato la sua vita è serena, consapevole sopratutto di dare il buon esempio ai propri figli, il maggiore dei quali frequenta la palestra del padre. Tutto troppo pericolo ìso per la malavita locale, che ha paura di trovarsi sprovvista della "carne da cannone" sui cui solitamente fa leva, causa l'alto abbandono della scuola e la disoccupazione. Ed ecco che incendiano la palestra, causando la morte di Nicola, ecco che tirano dalla loro parte il giovane Sasà, ecco che cercano di impedire l'ingresso di Leda, una ragazzina costretta a prostituirsi e che viene salvata un poliziotto che la indirizza alla palestra;  per Enzo, rimasto solo dopo la morte di Nicola, è veramente dura. Ma essendo un personaggio altamente positivo e con valori "validi" (come lo sono spesso quelli interpretati da Beppe Fiorello) il lieto fine non manca, dopo un allontanamento con il figlio che poi però gli darà grandi soddisfazioni.
Come sempre Beppe Fiorello molto bravo, bravi e simpatici anche i giovanissimi, in una storia di buoni sentimenti ma a mio avviso non banale proprio perchè vera, raccontata con un buon ritmo narrativo coinvolgente.




martedì 10 aprile 2018

Assassini nati (Natural born killers), 1994



Regia di Oliver Stone, con Juliette Lewis (Mallory Knox), Woody Harrelson (Mickey Knox), Tommy Lee Jones (Dwight McClusky), Robert Downey jr (Wyne Gale ), Tom Sizemore (Jack Scagnetti).



Mickey e Mallory Knox sono una coppia di efferrati serial killer, che in poche settimane ha lasciato dietro di sè una cinquantina di vittime innocenti, uccise in orrendi massacri. Chiaramente sono i ricercati numero uno dalla polizia USA, ma ricercatissimi anche dai giornalisti, che mettendoli sotto i riflettori li hanno praticamente fatti diventare dei divi per molta gente, nonostante i loro orrendi delitti.
Quando vengono finalmente catturati, processati e condannati alla galera, vengono separati e cos rimangono per oltre un anno, fino a quando Wayne Gale, uno dei giornalisti che più ha seguito le vicende dei due coniugi contribuendo non poco a mitizzarli, ottiene il permesso di intervistare Mickey poco prima che venga lobotomizzato....


Quando uscì questo film avevo 14 anni e ricordo perfettamente il mare di polemiche che scaturirono a ogni livello, a tal punto che mi sembra che in Italia ci fu il divieto ai minori di 18 anni. Non erano ovviamente del tutto campate per aria, vista la violenza estrema e gratuita presente nel film, d'altra parte chi realizzava la pellicola era Oliver Stone su soggetto di Quentin Tarantino, quindi inutile aspettarsi qualcosa di diverso.
Il film l'ho poi visto da adulta, qualche anno fa, e l'ho trovato molto buono anche se certamente non rientrerà nei miei preferiti.
Ma andiamo con ordine: è certamente una storia di estrema violenza, ma a più livelli: proseguendo con la storia capiamo che Mickey e Mallory per quanto siano solo due odiosi psicopatici con la fortuna di vivere in uno Stato USA in cui non vige la pena di morte, non sono certo i peggiori della storia. Per prima cosa essi stessi vengono da un'infanzia e adolescenza piena di abusi e violenze, sopratutto lei che fin da bambina veniva picchiata e stuprata dal padre con la madre che, succube del marito, non riusciva a reagire nonostante vedesse cosa succedeva; lui invece da bambino ha assistito al suicidio del padre e ha avuto la sua dose di violenze, che fino ad un certo punto ha sfogato lavorando in una macelleria. Chiaro che due soggetti così quando si incontrano e uniscono fanno una strage, uccidendo chiunque non vada loro a genio per i più svariati motivi, che nemmeno ci vengono presentati visto che le vittime (a parte i genitori di Mallory) rimangono totalmente sullo sfondo e sembrano non contare di fronte a quelli che la stampa, rincorrendo le loro vicende, ha praticamente trasformato in due star con tanto di fans. Fenomeno non nuovo e che purtroppo conosciamo bene anche in Italia avendolo visto in tempi recenti per casi come il delitto di Avetrana o di Perugia, e in passato per gente come Vallanzasca o Pietro Maso che ricevevano addirittura lettere d'amore in galera da parte delle loro fans.
Alla fine la violenza dei media risulta quella più rilevante, a cui nemmeno la legge (in nome della libertà di espressione e di informazione) può mettere un freno: tutto ciò è ben rappresentato da Wayne Gale, giornalista fallito ma totalmente senza scrupoli disposto, per tornare in auge, a recarsi in galera a intervistare la diabolica coppia; il che darà il via a un ulteriore massacro, pianificato dai due per fuggire. Wayne finirà per seguirli in tutto questo, facendosi ammaliare dalla personalità di Mickey e dal "sogno" di realizzare il più grande scoop del mondo, dimostrando allo spettatore la giustezza dell tesi di fondo, ovvero che non è poi così tanto diverso dai due assassini. 

E' una storia certamente forte e sgradevole, che però non manca anche di mostrare una certa dose di romanticismo: è fuori da ogni dubbio infatti che Mickey e Mallory sono due anime gemelle legate da vero amore, per quanto odiosi riguardo a tutto il resto. La scena del matrimonio sul ponte a mio avviso è molto bella, e credo sia per questo che vengono spesso citati come "coppia romantica", nonostante tutto.
Lo zampino della sceneggiatura di Quentin Tarantin si vede in molte sequenze splatter e nell'umorismo nero che caratterizza gran parte del film:  per il resto è un film che comprende in sè molti generi ed è quindi difficile da definire del tutto, sopratutto credo anche io che ci voglia una certa maturità per leggerlo nella giusta chiave di lettura.
Tra gli attori ho trovato migliore di tutti Juliette Lewis, con il suo fisico minuto e il viso dolce in aperto contrasto con la crudeltà e la voglia di sangue del suo personaggio: ottimo anche Robert Downey jr nei panni del giornalista senza scrupoli che, accecato dalla voglia di celebrità, verrà travolto da tutto ciò; ottimi anche gli altri attori e colonna sonora  interessante.
Forse è proprio grazie a questi elementi che on mi è dspiaciuto del tutto questo film particolare  e che offre senza dubbio più chiavi di interpretazione.



sabato 7 aprile 2018

Devilman crybaby, 2018







Regia di Maasaky Yuasa, con le voci italiane di: Jacopo Calatroni (Akira Fudo),Dario Sansalone (Ryo Asuka), Ludovica De Caro (Miki Makimura), Marina Thovez (Silene), Beatrice Caggiula (Miko).



Akira Fudo è un ragazzo timido e sensibile che vive con la famiglia Makimura dato che i genitori, due medici, per lavoro girano il mondo. Akira è molto amico di Rio, un ricco e misterioso ragazzo che studia in USA e che un giorno, tornato in Giappone, informa il vecchio amico che una nuova razza di demoni ha invaso la terra con l'obiettivo di stabilirvi il proprio dominio. Credendo che l'unico modo di sconfiggerli sia incorporare i loro poteri, Ryo convince Akira a lasciarsi possedere da Amon, il più potente fra loro: il ragazzo si trasforma così in Devilman, creatura demoniaca ma con cuore umano...


A quasi 50 anni dal fumetto originale, Netflix ha realizzato questa serie di grande successo dedicata al famoso fumetto di Go Nagai di cui ho già parlato nella recensione del famoso cartone arrivato da noi negli anni '80.
A detta di tutti gli esperti di fumetti e animazione, una serie meravigliosa sotto ogni punto di vista, un vero e proprio capolavoro.
Partendo dal fatto che il manga lo conosco poco e non sono affatto un' epserta ma una semplice spettatrice....la mia opinione non è proprio così positiva, anzi.
Certamente è positivo il fatto che abbiano deciso finalmente di fare una serie fedele al manga, visto che il cartone animato non lo era molto, ma a mio avviso potevano pure farla meglio già che c'erano. 

E non discuto della storia, molto bella, ma proprio della parte tecnica; innanzitutto i disegni: sarà che non sono un'intenditrice e nemmeno un appassionata di manga, ma cosa volete che vi dica....questi disegni moderni per me sono bruttissimi! I personaggi troppo minimali e spesso sproporzionati, i demoni talmente ridicoli che alcuni mi hanno ricordato i disegni dei miei bambini all'asilo, colori sbiaditi, espressioni ridicole anche quando vorrebbero essere sofferenti o tragiche; ma per favore!
L'animazione a mio avviso è la vera nota dolente, ma non l'unica: ho trovato fastidioso anche il ritmo con cui vengono narrati i fatti, per alcuni episodi tutto piuttosto lento, poi negli ultimi tutto velocissimo, tralasciando alcuni personaggi più interessanti di altri e sopratutto il rapporto tra Akira e Miki, trattato in modo molto superficiale.
Non ho apprezzato nemmeno la colonna sonora ma non ho trovato che fosse un difetto, la versione della storia è modernizzata rispetto a quella del manga quindi ci sta che si sia dato spazio al rap giapponese (purtroppo per le mie orecchie).
Ultima cosa: ridicolo il fatto che nessuno si accorga della trasformazione di Akira quando praticamente è totalmente diverso da prima (e chi ha visto la serie sa a cosa mi riferisco). 
Alla fine non è nemmeno tutto 'sto orrore, ma sicuramente poteva essere fatto meglio, magari sviluppando la trama meno frettolosamente con qualche puntata in più...e sopratutto...i disegni.
A conti fatti di tutte le versioni che ho visto quella che ho preferito è sicuramente un cartone degli anni '90 o primi 2000, quella sì fedele alla trama ma anche bella da vedere ed emozionante.

mercoledì 4 aprile 2018

Tonya (I,Tonya), 2018


Regia di Craig Gillespie , con Margot Robbie (Tonya Harding), Allison Jenney (Lavona), Sebastian Stan (Jeff Gilloy), Paul Walter Hauser (Shawn), McKenna Grace (Tonya bambina).



Fin da bambina Tonya Harding è stata costretta  a dedicare la sua intera vita al pattinaggio artistico, con grandi sacrifici nonostante la passione e il talento per questo sport; la madre Lavona attraverso violenze fisiche e psicologiche di ogni tipo l'ha praticamente isolata dal resto del mondo, impedendole di farsi degli amici, di vivere una vita normale e costringendola a dedicarsi esclusivamente al sogno di diventare campionessa.
Da questo punto di vista le cose funzionano, visto che a 21 anni sarà la prima donna a eseguire un triplo      e diventerà la più importante campionessa americana; ma dal punto di vista personale sarà devastante, visto che la povera Tonya pur di mendicare un po' di affetto finirà per sopportare non solo le violenze della madre ma anche quelle del marito Jeff....





Sono sempre rimasta affascinata dal mondo del pattinaggio artistico, sport che mi sarebbe piaciuto provare a praticare anche se non lo seguo tantissimo; quindi quando ho sentito dell'uscita di questo film ho desiderato subito vederlo anche se personalmente non conoscevo nè Tonya Harding nè la sua storia, certamente particolare.
Tonya Harding infatti divenne famosa nel   per essere stata la prima atleta americana a eseguire un triplo axel (passaggio molto importante e difficile del pattinaggio), ma meno di due anni dopo la sua carriera fu stroncata dalla condanna per aver aggredito spezzandole le gambe Nancy Kerrigan, una pattinatrice sua rivale, il tutto con la complicità dell'allora marito Jeff e del suo amico Shawn.
Il film rientra nel genere "commedia nera", in quanto l storia è indubbiamente drammatica ma viene narrata in modo ironico, utilizzando le opinioni dei diversi personaggi coinvolti in interviste semi vere (realizzate cioè con gli attori nei loro ruoli, ma identiche a interviste fatte ai veri personaggi, mostrati alla fine del film): non emerge una verità unica riguardo alla storia dell'aggressione, perchè ognuno esprime solo il proprio punto di vista  della storia che sta raccontando. 

Vero è che però Tonya, seppure non ne esca benissimo (non si capisce se sia innocente o meno riguardo all'aggressione, per molte cose non riesce ad assumersi le proprie responsabilità ripetendo per qualsiasi cosa "non è stata colpa mia"), è un personaggio che mi ha toccato profondamente: fin da bambina è vittima della madre LaVona che applica su di lei un metodo educativo molto particolare, volto a tirare fuori le sue capacità : insultarla continuamente dandole dell'incapace e peggio, maltrattarla anche fisicamente e isolandola dal resto della comunità (a Tonya viene insegnato che le altre bambine sono sue nemiche). Tonya ha un buon rapporto con il padre, ma dopo il divorzio dei genitori è costretta a rimanere con la madre, con conseguenze ovvie: diventerà una giovane donna fiduciosa delle proprie capacità artistiche ma fragilissima per il resto, talmente bisognosa di essere amata da cadere tra le braccia del primo che passa, da sopportare le sue botte pensando di meritarle (perchè "anche mamma mi picchia ma mi vuole bene, no?") e non riuscendo a staccarsene del tutto. La sua solitudine nel film è palpabile ad ogni scena, quella culminante è quando si trucca prima della gara e deve trattenere le lacrime....per non parlare del fatto che, nonostante la sua potenza fisica, nello sport Tonya subisce continue discriminazioni dai giudici di gara per il fatto di essere di fisico tracagnotto, di origine contadina, di non avere alle spalle una bella famiglia perfetta tipicamente americana e di non avere nessun senso del gusto o dell'eleganza (Tonya si cuce da sola orribili costumi trash). Insomma non ho potuto non amarla: si impegna al massimo, convinta che ce la farà, ma trova solo muri attorno a sè. 
Tonya è ottimamente interpretata da Margot Robbie, candidata all'Oscar come migliore attrice protagonista per questo ruolo, molto brava nel mettere la sua fisicità al servizio del personaggio e delle sue emozioni, anche se non ho potuto non notare che in alcune scene viene ricercato "l'effetto Harley Quinn" (personaggio che la Robbie ha interpretato nel film "Suicide squad") che con questa storia non c'entra proprio nulla; strepitosa Allison Jenney ( che per questo ruolo ha vinto l'Oscar come migliore attrice non protagonista) nel ruolo dell'odiosa LaVona (l' ho proprio odiata credetemi!), la madre che nessun vorrebbe mai avere e che tuttavia ci regala anche irripetibili battute ironiche; bravi anche i due interpreti maschili, due falliti psicotici di prima categoria che trascinano alla rovina l'ingenua Tonya (almeno è l'idea che mi sono fatta della questione). Menzione speciale anche per McKenna Grace, che interpreta Tonya bambina, molto brava a rendere la personalità del pesonaggio già da piccola.Ottima anche la colonna sonora anni '80, che accompagna molto bene sia le scene sportive che quelle non sportive.
Un film molto bello in cui la parte sportiva ha la sua importanza senza risultare noiosa o pesante (come succede a volte per i film in cui si parla di sport), ma anche molto duro, che vale davvero la pena di vedere.





domenica 1 aprile 2018

Maria Maddalena (Mary Magdalene), 2018



Regia di Garth Davis, con Rooney Mara (Maria Maddalena), Joaquin Phoenix (Gesù), Chiwetel Ejofor (Pietro),Tahar Rahim (Giuda),


Maria è una giovane molto religiosa che vive con la numerosa famiglia; il padre e i fratelli hanno combinato per lei un matrimonio che però ella rifiuta, per desiderio di consacrare la sua vita a Dio. La sua decisione non viene accettata dai familiari che la considerano pazza e la sottopongono addirittura ad esorcismo; dopo questo episodio Maria decide di lasciare la famiglia per seguire Gesù di Nazareth, un profeta che parla di un mondo nuovo senza violenza e basato su principi di uguaglianza per tutti....





Come precisato anche alla fine del film, Maria di Magdala viene spesso confusa con la Maddalena, la prostituta difesa e perdonata da Gesù. Sono invece due personaggi nettamente differenti, e questo fil contribuisce anche a fare chiarezza riguardo a questo punto. Ma chi pensasse a un polpettone religioso come si usava molti anni fa sbaglia.
E' un bel film  che "indaga" sulla storia di una figura di donna molto importante nel Vangelo, dato che Maria Maddalena assieme alla Madonna fu la donna presente sotto la croce di Gesù ad accompagnarne l'agonia, ma sopratutto fu la prima testimone della sua Resurrezione tre giorni dopo.
E' una storia chiaramente proto femminista ma non incredibile: Maria non ha particolari desideri di indipendenza o altro, se non per il fatto che vuole essere libera di seguire la propria vocazione. La scena in cui viene per questo sottoposta a esorcismo è, a mio avviso, intrisa di violenza e impressionante, ma necessaria per spiegare il percorso interiore che porterà Maria a prendere la definitiva decisione di staccarsi dalla famiglia dopo aver conosciuto Gesù, che sembra l'unico a capirla fino in fondo riguardo al suo "sentire" il Signore. Anche per questo compie un gesto rivoluzionario per l'epoca, visto che accoglie Maria tra i suoi discepoli, unica donna: decisione che porterà, almeno inizialmente, alcune discordie e discussioni da parte degli altri,che vedono nella donna un possibile elemento di discordia, distrazione e chissà che altro. 

Maria sarà cosi costretta a dimostrare il proprio valore, e lo farà decidendo di aderire al messaggio di Gesù con una sua persona interpretazione: cioè diffondere nel mondo atti d'amore veri, verso gli ultimi, anche verso chi viene considerato più inutile perfino da alcuni apostoli (come la scena nel campo dei lebbrosi).
Tra Maria e Gesù c'è amore, ma non come viene comunemente inteso:  un amore più altro e spirituale, in grado di trasfigurarsi realmente nell'amore di Dio. 
Ottima interpretazione, a mio avviso, di entrambi i protagonisti: Rooney Mara sfrutta la sua bellezza per dare a Maria, ai suoi sentimenti ed emozioni un volto fisico, e Joaquin Phoenix nel ruolo di un Gesù umano e divino allo stesso tempo, senza contraddizioni e facendo apparire il tutto come perfetta,ente naturale in quel contesto e riguardo a quel personaggio.
Accanto a loro comprimari efficaci e ben resi psicologicamente; il ritmo del film è scorrevole ma allo stesso tempo non frettoloso, in grado di dare spazio anche ai momenti di riflessione che ovviamente non mancano.