Negli anni’80 in un ufficio postale un impiegato di colore una mattina spara a bruciapelo contro un cliente bianco e lo uccide.
Arrestato, durante la perquisizione della sua casa viene trovata la testa di una statua che nel 1944 ornava il ponte sull’Arno a Firenze. L’assassino in realtà nasconde una storia particolare: nel 1944 era in un battaglione di soldati di colore impegnati nella liberazione dell’Italia che era stato isolato dai compagni in uno sperduto paesino sull’Appennino, Sant’Anna di Stazzema, dove qualche giorno prima si era consumata un’orrenda rappresaglia nazista…
Innanzitutto la vicenda si svolge qualche giorno dopo il massacro della popolazione civile ad opera dei nazisti, e racconta più che altro una specie di favola in cui vengono coinvolti un bambino e la testa di una statua trafugata da un soldato di colore bonaccione che la porta con sé come un portafortuna; a questa si intrecciano le storie di civili, partigiani e tedeschi, tra le quali notiamo la presenza di attori italiani come Valentina Cervi nei panni di una bella e coraggiosa popolana, Pierfrancesco Favino nei panni di un capo partigiano e Matteo Sciabordi, nei panni di Angelo, il bambino “adottato” dal contingente americano.
Tutto sommato non è un brutto film, solo non mi ha colpito più di tanto, e certamente chi cerca una narrazione dei fatti dal punto di vista storico lasci perdere perché qui non la troverà; nella fattispecie il film si basa sulla teoria che il massacro fu causato dal tradimento di un partigiano appartenente al gruppo comandato da Favino, cosa mai storicamente né accertata né ipotizzata.
Parte del film è stata girata davvero a Sant’Anna, oltre che a Colognora di Pescaglia e Roma e il regista Spike Lee ha affermato di essersi ispirato, per girarlo, ai film del neorealismo italiano.
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