sabato 15 settembre 2018

Rocco e i suoi fratelli, 1960


Regia di Luchino Visconti, con Alain Delon (Rocco), Renato Salvatori (Simone), Spiros Focas (Vincenzo), Max Cartier (Ciro), Rocco Vidolazzi (Luca), Katina Paxinou (Rosaria), Claudia Cardinale (Ginetta), Annie Girardot (Nadia),




Alla morte del padre, Rosaria Parondi dalla Lucania raggiunge il figlio primogenito Vincenzo, emigrato a Milano, con gli altri figli: Rocco, Simone, Ciro e Luca. Lo scopo della famiglia è quello di migliorare la propria condizione di vita, ma l'obiettivo non è certo facile: trovano alloggio in uno scantinato e ogni fratello, anche il piccolo Luca, deve ingegnarsi a trovare un lavoro in modo da contribuire la mantenimento della famiglia. Col tempo le cose migliorano,




Ispirato al romanzo "Il ponte della Ghisolfa"  di Giovanni Testori ( ), è uno dei grandi capolavori del cinema italiano, un film che tratta la durezza dell'essere immigrati (seppure all'interno del proprio Paese), e di come questo a volte porti a una perdita di identità propria e collettiva a cui non tutti sono capaci di fare fronte; c'è chi la prende come occasione per costruirsi una nuova vita e chi va a fondo, drammaticamente. Tutto questo anche all'interno di una famiglia unita.
L'inizio è una parentesi di serenità: una famiglia meridionale formata da una mamma vedova con quattro figli arriva a Milano per la prima volta, per raggiungere il figlio maggiore che vive lì ed è già sistemato da qualche anno. Per il gruppo il viaggio in bus è un susseguirsi di luci di vetrine, grandi marche, automobili...come in una specie di Paese delle meraviglie che nasconde chissà quali promesse. Ma ben presto arriva l'impatto con la realtà: il giovane Vincenzo, che si è appena fidanzato con Ginetta, anche lei proveniente da una famiglia di emigrati ma già ben integrati nel territorio, a malapena ha di che vivere lui stesso, e quindi la famiglia è già tanto se trova da vivere occupando un seminterrato, in attesa di tempi migliori. Ognuno dei fratelli, anche il piccolo Luca, è chiamato a contribuire al bilancio familiare come può, e qui si notano subito le differenze tra i vari ragazzi: Se Ciro comincia a lavorare come operaio e contemporaneamente a studiare alle scuole serali con l'obiettivo di migliorare la propria posizione, e Rocco lavora come garzone in una stireria, Simone dà chiaramente segno di non avere la buona lena dei fratelli, preferendo buttarsi sul facile mondo della boxe, peraltro con risultati non del tutto soddisfacenti, visto che per praticare uno sport a livelli professionali ci vogliono sacrificio e impegno, cosa che il giovane non contempla, affascianto solo dai facili guadagni.


Facile dare la colpa di tutto all'incontro con Nadia, una giovane prostituta di cui Simone s'innamora e da cui sarà ossessionato per il resto della storia, ma secondo me i germi di quello che accadrà sono già insiti nel personaggio, più "sempliciotto" (almeno inizialmente degli altri). Mentre le condizioni economiche della famiglia migliorano (riescono ad ottenere un alloggio popolare), in parallelo si perde l'unità familiare, dato che non tutti i fratelli sono come il mite Rocco, disposto a rinunciare alla donna amata e passare sopra alla violenza commessa da Simone per cercare di aiutarlo, nè tutti sono disposti come la madre a giustificarlo sempre e comunque; Vincenzo e Ciro a un certo punto capiscono che non è giusto lasciarsi travolgere dalle magagne di Simone, dal suo degradarsi sempre più evidente, e decidono pur con dolore di tirarsene fuori. La spirale di violenza in cui cade Simone, culminante con l'assassinio di Nadia, sarà l'occasione di rinascita anche per la famiglia, con un finale triste per gli accadimenti appena avvenuti ma tutto sommato di speranza.
E' un film tenero e duro allo stesso tempo: tenero per il senso di unità familiare, il carico di speranze, sogni e nostalgia proprio di ogni emigrante quando lascia la terra natale, o anche il carico di speranze di una donna che credeva di essere perduta e che, seppure per breve tempo, coltiva il sogno di chiudere con la vita sbagliata condotta finora. Duro per la violenza del dolore delle speranze tradite e ovviamente, della violenza fisica che arriva a tratti di bestialità di chi non ha più nulla da perdere. 
In tutto questo il personaggio che meno mi è piaciuto è proprio Rocco, il protagonista: un buono "troppo" buono, che arriva a sacrificare sè stesso e la donna amata nonostante la violenza subita, lo fa per amore del fratello ma caspita: come puoi pretendere  che lei torni dal suo stupratore? Rocco, che diamine, almeno i minimi! Il personaggio che più ho apprezzato è invece Ciro, messo in ombra rispetto ai fratelli, ma ragazzo solido, che riesce a rimanere sè stesso in tutto lo sconvolgimento sociale e familiare che dovrà subire.

Ottime prove per gli attori, i loro personaggi lasciano il segno e- se vogliamo- bucano lo schermo anche quando sono secondari (come nel caso di Ginetta, interpretata da Claudia Cardinale, una figura dolce e forte allo stesso tempo) rimanendo impressi nello spettatore: la tragica madre Katina Paxinou, il serio e tenero Rocco, il temibile Simone per cui in fondo non si può provare pietà, come non si può non provarla per la Nadia di Annie Girardot, a mio avviso uno dei personaggi femminili più tragici del cinema: nonostante la sua vita violata, spezzata, nonostante lei stessa si definisca come morta dopo ciò che ha passato, quel suo urlo "non voglio morire!" mentre viene assassinata non può non colpire al cuore. 
Il film, che vinse nel 1960 il Leone D'Argento alla Mostra del Cinema di Venezia e che nel 2003 è stato scelto come uno dei 100 film italiani da salvare, subì molti tagli all'epoca dell'uscita, che sono stati ricomposti solo di recente in un'edizione restaurata uscita l'anno scorso nei cinema. 



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