domenica 2 ottobre 2022

Big eyes, 2014


 Regia di Tim Burton, con Amy Adams (Margaret Kane), Cristoph Waltz (Walter Keane), Madeleine Arthur (Jane), 


San Francisco 1958: la talentuosa pittrice Margaret Ulbrich non riesce a dedicarsi alla sua passione a tempo pieno dato che deve lavorare per mantenere sè stessa e la figlia Jane. Conosce il pittore esordiente Walter Keane con il quale si sposa, e con cui condivide i primi tentativi di notorietà. Quando vede che i dipinti della moglie cominciano ad avere più successo dei suoi la convince ad esporli con il cognome da sposata, spacciandoli però per propri....




Secondo film biografico dopo "ED Wood" (1994), narra l'inquietante storia della pittrice Margaret     , autrice dei famosi "bimbi coi grandi occhi" per lungo tempo attribuiti al marito (anche lui pittore) Walter Keane. 

Una storia di manipolazione psicologica e oppressione maschile verso la donna forse non infrequente all'epoca (e purtroppo nemmeno oggi), ma stavolta portata a livelli alti grazie alla notorietà dei due protagonisti: il pittore Walter Keane e sua moglie Margaret, rimasta appunto nell'ombra del marito per molti anni come reale autrice dei suoi quadri.

Una storia angosciante che fa nettamente da contrasto con il contorno in cui si svolge, una volta tanto composto da esterni luminosi, luce, colori pastello (diversamente da quanto accade nei film burtoniani) e con la retorica degli "anni '50/'60" come una specie di età dell'oro dove si stava meglio di oggi (per inciso, io sono convinta che per molte cose fosse davvero così). 


La protagonista, Margaret, è una donna già provata dalla vita: visto che dopo il fallimento del primo matrimonio è costretta a duri sacrifici per mantenere sè stessa e la figlia Jane. La sua grande passione e il suo talento per la pittura vengono per lungo tempo soffocati in nome della sopravvivenza; l'incontro con Walter Keane, istrionico e gioviale pittore emergente, sembrerebbe rappresentare l'inizio di una rinascita e di un periodo sereno, e invece è solo l'inizio di un vero e proprio incubo: sotto la patina di giovialità e buonumore Walter nasconde una personalità psicopatica, manipolatrice, narcisistica e anche violenta. Appena si accorge che i dipinti della moglie hanno più successo dei suoi comincia a emergere il lato oscuro della sua personalità: con una serie di vari raggiri di tipo psicologico manipola la debole consorte finchè non la convince a fare passare come suoi i quadri. La poveretta per anni diventa unicamente una macchina sforna- quadri, precipitando in un abisso di depressione dal quale riuscirà a scuotersi solo dopo anni, separandosi e ottenendo la sua rivincita davanti al resto del mondo, facendosi finalmente conoscere come l'autrice dei suoi lavori. Lavori che inevitabilmente rispecchiano nel corso della pellicola i vari stati d'animo della loro autrice, apparendo di volta in volta malinconici, disperati, oppressi, speranzosi. 

Se è vero che la rivincita di Margaret rappresenta una sorta di lieto fine, è uno di quei finali che lasciano l'amaro in bocca perchè non si riesce a dimenticare tutto ciò che la pittrice ha passato. 

I due protagonisti Amy Adams e Christoph Waltz si dividono equamente la scena anche se fra i due come bravura prevale il secondo, che coglie perfettamente l'animo di un personaggio psicopatico e cattivo non certo facile.




1 commento:

  1. E' l'ultimo Burton che ho davvero apprezzato, dopo una débacle durata anni. Non tra i suoi lavori migliori ma abbastanza originale e con dei bravissimi attori

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