venerdì 23 ottobre 2015

Suburra, 21015



Regia di Stefano Sollima, con Pierfrancesco Favino (Filippo Malgradi), Claudio Amendola (Il Samurai),Elio Germano (Sebastiano),Greta Scarano (Viola), Alessandro Borghi (Numero Otto),Adamo Dionisi (Manfredi), Giacomo Ferrara (Spadino).



Novembre 2011: in una Roma cupa, notturna e perennemente piovosa si intrecciano le vicende di alcuni personaggi, sopratutto esponenti della criminalità a vario livello: c'è il politico corrotto Malgradi che, ricattato dallo zingaro Spadino, chiede al Numero Otto (piccolo boss con ambizioni di grandezza) di farlo sparire, scatenando l'ira di Manfredi, fratello di spadino e capo di un clan rom che per questo motivo muoverà una guerra di vendetta, con l'assenso del Samurai, potente capo criminale a cui tutti fanno riferimento.
C'è Sebastiano, Pr figlio di un uomo suicida per i debiti di gioco, che viene schiavizzato da Manfredi -l'usuraio cui il padre doveva migliaia di euro-







Subito dopo aver terminato la lettura dell'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini (2013) a cui il film è ispirato, sono andata al cinema a vedere la pellicola che tante recensioni positive sta avendo in questi giorni.
Premetto che nemmeno il libro mi ha entusiasmato, ho subito notato svariati cambiamenti rispetto ad esso, la maggior parte di non poco conto: oltre al cambio di periodo (volutamente si è scelto di ambientare il film nei giorni precedenti alle dimissioni di Silvio Berlusconi, nel novembre 2011, piuttosto che nel 2013), troviamo una completa  svalutazione del personaggio del Samurai, centrale per la narrazione per vari motivi e con una personalità totalmente dimessa ed appannata rispetto all'originale; sono state inoltre rimosse le figure delle forze dell'ordine, corrotte e non, in modo da dare quindi l'impressione che qui nessuno provi nemmeno a contrastare i criminali di cui si racconta.
Se lo spostamento temporale è giustificato e accettabile a livello narrativo, altrettanto non lo è il cambiamento di Samurai; nel suo piccolo Amendola fornisce una buona prova attoriale, ma per chi ha letto il romanzo sarà quasi impossibile riconoscere in quel cinquantenne dimesso e intrallazzone lo spietato raffinato e colto  guerriero fissato con la cultura giapponese.....peccato, perchè a mio avviso era una figura affascinante e carismatica. 
Altra abissale differenza si ha nella storia di Sebastiano e Manfredi; qui il secondo non è più l'ex compagno di scuola figlio di usuraio, ma un capo rom che sogna di elevare la sua tribù nel mondo della criminalità. Storia secondaria e priva del pathos di quella del romanzo, a parte nel finale.
Il film comunque merita: è un buon film, ben diretto e sceneggiato, con attori bravi e intensi (ottimo Favino nei panni di Malgradi), ambientato in una Roma quasi sempre notturna e piovosa, quindi scura, come a dire senza speranza di riscatto, ma con la solo possibilità di abbruttirsi ancora di più( messaggio non proprio positivo, ma abbastanza realistico). Trascinati dal ritmo incalzane del filn è tuttavia impossibile non notare un grosso difetto: l'assenza di gran parte del background comportamentale dei personaggi, che fa in modo che le loro motivazioni non siano quasi mai spiegate (e non solo nel caso del Samurai); spesso ci si chiede "perchè tizio fa questo?", "perchè Caio pensa quest'altro?"lasciando via libera all'immaginazione, quando invece nel romanzo i motivi sono ben precisi. Inoltre, troppi personaggi concentrati in poco tempo, troppe tematiche,....un po' troppa carne al fuoco, mi è sembrato.
Certo in questo particolare periodo l'interesse di gran parte del pubblico e della critica sarà puntato sopratutto sui riferimenti storico politici, e sugli intrallazzi che vedono la criminalità delle strade intrecciarsi con quella dei piani alti, non esclusi quelli religiosi, comunque il film merita anche e sopratutto per la bravura degli attori (non è certo colpa loro se le differenze tra i loro personaggi nel libro e nel film sono così abissali), dai più noti Favino, Germano e Amendola ai più giovani e semisconosciuti  Scarano e Borghi. Un esempio in più di come il cinema italiano, al contrario di ciò che dicono gli esterofili, sa produrre buoni e intressanti fil, qualche volta più dei film USA.




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