venerdì 21 marzo 2014

Viva L'Italia, 2012


Regia di Massimiliano Bruno, con Michele Placido (Michele Spagnolo), Alessandro Gassman (Valerio Spagnolo), Raoul Bova (Riccardo Spagnolo), Ambra Angiolini (Susanna Spagnolo), Rocco Papaleo (Tony), Edoardo Leo (Marco).



Durante un comizio l'onorevole Spagnolo, leader del partito "Viva L'Italia", viene colpito da malore e ricoverato in ospedale: al suo risveglio, si scopre che il leggero ictus ha leso la parte di cervello dove risiedono i freni inibitori, e quindi l'uomo non ha più controllo alcuno su quello che dice, parlando completamente a ruota libera e dicendo qualsiasi cosa gli passi per la mente.
I suoi tre figli Valerio, Riccardo e Susanna decidono di alternarsi al fianco del padre per evitare che rimanga da solo combinando guai a non finire: sarà l'occasione per rinsaldare rapporti familiari deteriorati da tempo e risolvere alcuni problemi personali, causati proprio dal loro ingombrante nome.
E per lo stesso onorevole sarà l'occasione di riflettere sul proprio operato politico e umano e di fare finalmente qualcosa di buono...






Una commedia amarognola, a tratti cattivella ma sempre veritiera, uno spaccato dell'Italia di oggi partendo da quella che purtroppo è la sua parte più marcia, la politica.
L'onorevole interpretato da Placido è proprio un tipico rappresentante di questa categoria: intrallazzone, ipocrita, disonesto, menefreghista verso i valori più importanti, a causa della malattia che lo colpisce (o forse usandola come scusa) perde i freni inibitori e comincia a vuotare il sacco, dicendo tutto quello che gli passa per la mente a tutti, familiari in primis: alla moglie che prontamente lo lascia e ai tre figli, due dei quali (Gassman e Angiolini) non brillano per particolari capacità: il primo, ritenuto lo scemo di famiglia, è presidente di una società di ristorazione che manda nelle mense prodotti non solo di dubbia qualità, ma proprio scaduti, la seconda- afflitta da zeppola-è un'attrice di fiction dalle dubbie (per non dire nulle) capacità. Entrambi i figli occupano quei posti proprio per intervento del padre, perchè "all'onorevole Spagnolo non si può dire di no", frase che ricorre abbastanza spesso nel film. Seguendo la storia, appare sempre più certo che non solo il padre non ha fatto un favore ai figli aiutandoli in quel modo, dato che ha bloccato ogni loro capacità di crescita e di realizzazione, ma li ha proprio messi in ridicolo dimostrando che anche lui pensa che non valgano nulla. Una cosa a mio avviso molto triste.
Il terzo figlio (Bova) è quello "diverso": se n'è andato di casa a vent'anni, studiando medicina e mantenednsoi da solo, rifiutando qualsiasi aiuto da parte del padre e costruendosi con tanti sacrifci una carriera come medico apprezzato e stimato da tutti nello scassatissimo ospedale in cui lavora. Ha talmente in odio la figura del padre e quello che rappresenta che rifiuta anche di chiedergli aiuto per l'ospedale, che manca di macchinari, dove i pazienti sono ricoverati nei corridoi e cade letteralmente a pezzi. Alla fine si scopre però che anche lui ha ricevuto- suo malgrado- un aiutino da parte del padre; ciò lo farà infuriare ma abbasserà un po' la cresta nei confronti degli altri, seppure ritengo che comunque non sia stata colpa sua, visto che della raccomandazione non ne sapeva nulla.
Sono tre figure di figli molte ben tratteggiate, non si può non provare una certa simpatia per loro e sicuramente nessuna invidia nonostante le possibilità della vita che hanno avuto con un padre onorevole, vista l'incapacità come uomo, marito, padre (come gli rinfaccia appunto il figlio Bova); ma almeno, si può notare che forse una punta di rimorso in lui c'è, e proprio per quello decide a modo suo di fare in modo di ricompattare almeno i tre fratelli.
Bravi tutti i protagonisti (con un Placido forse un po' sopra le righe in alcuni punti), ben assortiti come gruppo, sopratutto nella scena in cui i tre fratelli si ritrovano abbracciandosi dopo tanti anni; anche presi singolramente personaggi ben tratteggiati, che fanno tenerezza perchè è evidente che i figli siano rimasto schiacciati dalla personalità del padre, che non sopportano ma da cui contemporaneamente vorrebbero venire apprezzati. Solo una domanda, ma possibile che questi due genitori con tutti i soldi che hanno non sia mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello di porta<re la figlia dal logopedista?!


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