Dopo la morte di Don Vito Corleone suo figlio Mike, succedutogli, si trasferisce nel Nevada per guidare gli affari nel campo del gioco d'azzardo. Sposato con Kay e padre di due figli, si ritrova come previsto a dover fronteggiare molti nemici ch ambiscono a farlo fuori, ivi compresi alcuni membri della sua famiglia...;
In parallelo, abbiamo la storia di Don Vito: mandato dalla madre in America da bambino per sfuggire a una vendetta mafiosa, il giovane Vito inizialmente è un immigrato come tanti, che lavora come commesso presso un fruttivendolo e vive in ristrettezze con la giovane moglie e il figlio piccolo; quando il padrone è costretto a licenziarlo in favore di un boss Vito giura che non sarà da meno. E da lì parte la scalata al crimine....
Raramente i seguiti sono allo stesso livello del primo film; solitamente non riescono, oppure sono solo una ripetizione con poche varianti della storia originale. Questo secondo capitolo del "Padrino" (anch'esso tratto dalla seconda parte del romanzo omonimo di Mario Puzo) rappresenta una delle poche eccezioni alla regola, anzi, per quanto mi riguarda l'ho trovato in alcune parti ancora più coinvolgente del primo. Sempre a mio modesto avviso, è anche il migliore della trilogia.
Don Vito Corleone, morto alla fine del primo film, qui rivive nella sua gioventù interpretato da Robert De Niro, che non fa certo rimpiangere Brando e anzi, tratteggia ottimamente il giovane Vito al punto da far davvero pensare che il personaggio nei due film sia stato interpretato dallo stesso attore.
A mio avviso proprio la parte che riguarda la storia di vito è la più interessante, dato che sembra segnata dal destino mafioso fin dall'inizio: il piccolo Vito infatti viene messo dalla madre da solo su una nave in partenza per l'America per essere salvato da una vendetta mafiosa, che già ha sterimanto suo padre. Completamente solo, il ragazzino cresce affidato a un'altro immigrato che gestisce un piccolo negozio di frutta e verdura, e fino ad un certo punto la sua vita è quella di un qualunque altro immigrato: lavora nel negozio del suo benefattore, si sposa, vive in ristrettezze ma onestamente. Qualcosa in lui cambia quando subisce un sorpruso grave, e anzichè capire di lottare contro chi lo ha messo in atto, decide di passare dalla loro parte vedendoli come dei vincenti.
Parallelamente abbiamo la storia di Mike, il figlio che nel primo film è passato dall'essere contro la mafia e deciso a non occuparsi delle attività di famiglia a diventarne addirittura il capo dopo la morte del padre: il suo potere si consolida, ma ne fanno le spese i legami familiari, primo fra tutti quello con la moglie Kay, che non accetta più di vivere in un mondo di delinquenti, ma anche quello con la sorella Connie e il fratello Fredo; questa parte a mio avviso è molto malinconica, Mike è un uomo che piano piano rimane solo e che arriva a sacrificare anche gli affetti familiari come un sacrificio doloroso ma inevitabile.
Come già nel primo film Mike è interpretato ottimamente da Al Pacino, affiancato dagli altri membri del cast altrettanto ottimi: in particolare Diane Keaton nel ruolo di Kay, personaggio il cui amore viene crudelmente disilluso, e John Cazale nel ruolo del debole e forse ingenuo Fredo, che pagherà caro il suo lasciarsi trascinare dalla brama di potere altrui.
La narrazione sui due piani temporali si alterna senza infastidire la visione complessiva del film (contrariamente a quanto succede solitamente, almeno per me), e la fotografia calda e scura alternata permette di sottolineare meglio l'atmosfera generale del film.
Come sempre ottima colonna sonora di Piergiorgio Farina e Nino Rota.
Nel 1976 il film vinse sei premi Oscar: miglior film, miglior regista, attore non protagonista a Robert De Niro (che per prepararsi al ruolo e imparare il siciliano prima delle riprese del film visse sei mesi nella zona di Corleone), miglior scenografia, sceneggiatura non originale.
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