lunedì 19 marzo 2018

Puoi baciare lo sposo, 2018



Regia di Alessandro Genovesi, con Cristiano Caccamo (Antonio), Salvatore Esposito (Paolo), Monica Guerritore (Anna), Diego Abatantuono (Roberto), Diana Del Bufalo (Benedetta),



Antonio e Paolo fidanzati a Berlino, decidono di sposarsi in Italia, dove risiedono entrambe le famiglie d'origine: come prima cosa partono quindi per Bagnoregio, ospiti dei genitori di Antonio, che tra l'altro sono all'oscuro dell'omosessualità del figlio. Una volta fatta la rivelazione le reazioni dei genitori sono contrastanti: la madre Anna accetta con entusiasmo la cosa e comincia subito ad organizzare le nozze, contattando addirittura Enzo Miccio, mentre il padre Roberto, sindaco del paese, rifiuta in toto la neo coppia, che ha anche un altro problema: andare a Napoli per convincere la madre di Paolo, che da tre anni non parla col figlio proprio perchè anche lei non ne ha accettato l'omosessualità, a partecipare....



Una simpatica commedia su un tema ancora poco esplorato dal cinema italiano: non tanto l'omosessualità, ma il matrimonio tra due gay. Anche a livello di commedia il film potea essere sviluppato meglio, se non si fosse scelto di inserire alcuni personaggi inutili con altrettante sottotrame che portano via tempo (e quindi impediscono di sviluppare altre cose più interessanti: ad esempio il rapporto tra Paolo e sua madre, affrettatissimo, e i dilemmi di Roberto, che non saranno nobili ma possono essere umanamente comprensibili).
Infatti che utilità danno i tre personaggi di Benedetta, Donato e Camilla? Senza nulla togliere agli attori (anche se penso che comunque Dino Abbrescia sia meglio delle due colleghe, forse però anch'esse risentono di questa sceneggiatura un po' raffazzonata), le loro storie e personalità sono solo abbozzate in funzione del fatto che dovrebbero costituire le spalle comiche della storia, ma anche un personaggio- spalla dovrebbe essere sviluppato quel tanto che basta da renderlo perlomeno credibile o da capire i suoi comportamenti. In particolare risulta incomprensibile non solo come Antonio accetti passivamente le pretese di Camilla pur minacciandola di denuncia, ma come poi alla fine ceda ai suoi ricatti senza una minima opposizione.  Con questi tre personaggi (che sembrano piovuti lì a caso) tutto ciò non avviene. E difatti lo spettatore si concentra solo sul quartetto principale: ovvero i due sposi Antonio e Paolo (il primo più discreto e che si lascia un po' trascinare da ciò che decidono gli altri, il secondo più determinato e forse anche meno "vergognoso" rispetto al suo orientamento sessuale) e i genitori di Antonio, Anna (che dietro l'apparenza di madre accogliente e mentalmente aperta secondo me sotto sotto nascondeva altro, rivelato nella scena in cui parla con Paolo della ex di Antonio. Quindi lei è contenta delle nozze con un uomo perchè non vede in lui un "rivale" nel rapporto con il figlio come poteva esserlo invece una compagna donna) e Roberto, il sindaco del paese che ha vinto le elezioni con l'argomento dell'apertura mentale ma si trova a combattere contro dei dilemmi personali (come ho detto prima messi molto male).

Se la coppa Guerritore- Abatantuono è meglio prenderla singolarmente perchè insieme non amalgamano, funzionano meglio i due giovani, anche se per qualcuno sembrerà un po' strano vedere il Genny Savastano di Gomorra in versione gay pacioccoso. Ma in fondo è bello per un attore mettersi alla prova con i ruoli più diversi, e a mio avviso Salvatore Esposito mostra di cavarsela molto bene.
Il film è girato nel borgo  di Civita di Bagnoregio, uno dei più antichi d'Italia, chiamato "la città che muore" per la sua fragilità che addirittura (come mostrato nel film) non permette di arrivarvi nemmeno con la corriera; nel corso del film vengono mostrati parti caratteristiche e usanze del borgo.



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