mercoledì 7 agosto 2013

Gran bollito, 1977


Regia di Mauro Bolognini , con Shelley Winters (Lea ), Alberto Lionello (Berta), Renato Pozzetto (Stella), Max Von Sydow (Lisa), Laura Antonelli (Sandra), Milena Vukotic (Tina).


Emilia,1940. Lea è una donna del Sud da poco trasferitasi assieme al marito e al figlio Michele, a cui è morbosamente legata essendo l’unico sopravvissuto a 13 gravidanze conclusesi con aborti o neonati morti prestissimo.
La donna è convinta che la sorte le abbia lasciato quell’unico figlio perché in occasione della sua nascita fece un patto con la Morte per tenerselo sempre con sé; e quando Michele non solo si fidanza con Sandra ma viene pure richiamato alle armi, per scongiurare il pericolo Lea decide di rispettare il patto sacrificando tre amiche…



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Nonostante alcuni cambiamenti, la vicenda narrata è chiaramente quella di Leonarda Cianciulli, la famosa “saponificatrice di Correggio” che tra il 1939 e il 1940 uccise tre donne mettendone poi i corpi  a bollire e ricavandone saponette e dolci che dava in omaggio ad amici e compaesani; uno dei più noti casi della cronaca nera italiana.
L’atmosfera abbastanza greve del film, che da subito fa presagire la disgrazia anche in caso uno non conosca la vicenda in questione, viene stemperata in parte dalla scelta di far interpretare le tre future vittime della protagonista a tre attori uomini,che devo dire se la cavano piuttosto bene (spicca Renato Pozzetto in un ruolo che da comico- grottesco vira sul drammatico); Shelley Winters rende molto bene la protagonista, gioviale donna del Sud traumatizzata da ben 13 tra aborti e nati morti (lo dice lei stessa al personaggio di Pozzetto: “dopo quegli aborti non sono più stata la stessa, fisicamente ma anche dentro”) al punto da affidarsi alla superstizione, alla negromanzia fino ad arrivar a livelli folli, di cui non si renderà mai conto (ai carabinieri che vanno ad arrestarla dirà che sono loro i pazzi, perché secondo lei è vero che ha ucciso, ma aveva un motivo per farlo, per lei logico e giustificabile). L’amore materno secondo la protagonista giustifica tutto (il suo unico momento di tentennamento si ha quando tenta di respingere la migliore amica che le era stata vicina durante le  difficoltà del trasloco), tant’è che sceglie le sue vittime anche in base al fatto che non hanno figli (come spiega alla quarta vittima, eliminata per interposta persona- e non esistente nella realtà); il rapporto con il figlio è morboso e disturbato, e infatti il ragazzo riesce a sottrarvisi (certo senza sospettare le attività materne) nel modo maggiormente temuto dalla madre (cioè fidanzandosi, oltretutto con la belissima e forte di carattere Laura Antonelli).
Per Lea, alla fin fine, non si può provare che pietà, oltre all’ovvio orrore.
Un film fatto bene anche se non particolarmente significativo, risultato dignitoso, consigliato agli amanti dei gialli italiani, soprattutto se ispirati a storie vere.





1 commento:

  1. A mio avviso il difetto del film sta nella lentezza del primo tempo. Però bella tutta l'atmosfera e in questo caso anche la lentezza che porta all'evento del primo omicidio.
    Comunque un buon film di Bolognini, uno dei film storici del regista di Pistoia. Proprio ieri mi so visto "L'eredità Ferramonti" dell'anno prima a questo film, direi un film sufficiente, guardabile.....
    Ciao!

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