Regia di Milos Forman, con Jack Nicholson (Randle Patrick Murphy), Louise Fletcher (Mildred Ratched),Will Sampson (Grande Capo),Brad Dourif (Billy Bibitt),Danny De Vito (Martini).
Randle McMurphy è un detenuto che dalla prigione viene mandato in un ospedale psichiatrico dell'Oregon per essere tenuto sotto osservazione e verificare se i disturbi mentali da cui pare afflitto sono veri o simalutati per avere uno sconto di pena.
Insofferente alle regole e alla disciplina,MC Murphy ci mette poco a far uscire l sua straripante personalità: rifiuta di prendere le medicine, organizza goliardate coinvolgendo gli altri degenti e inimicandosi pericolosamente la signora Ratched, infermiera responsabile del reparto...
Tratto dall'omonimo romanzo (1962) di Ken Kesey, è uno dei film che più hanno segnato il cinema anni '70, a buon diritto: i temi trattati- quello della libertà, dei diritti umani, della linea sottile che divide i sani dai pazzi, sono fra quelli che in quegli anni interessarono di più l'opinione pubblica, sopratutto in Italia dove, proprio in quel periodo storico, si discuteva la proposta di legge (approvata nel ) di Franco Basaglia sulla chiusura dei manicomi.
Il film è molto duro e crudo, in particolare verso la fine, con la famosa scena della lobotomia per lungo tempo censurata (anche se quando vidi il film la prima volta, in terza media, la scena c'era....); molto realismo, poco o nulla viene lasciato a sentimenti come speranza o altro, se non nel finale. Essi non fanno parte di quel microcosmo (che in piccolo, può essere visto come una lettura della società strutturata del mondo esterno) in cui un giorno irrompe Randall, il personaggio interpretato da Jack Nicholson, un delinquente che facendosi passare per matto eviterà guai maggiori con la giustizia , che avrebbe tutto l'interesse a starsene buono ma che, essendo un ribelle, si rende conto delle ingiustizie perpetrate in quel luogo con la scusa della legge e della "normalità" e si dedica al sovvertimento delle regole, rompendo le uova nel paniere e inimicandosi il personale, sopratutto la terribile infermiera impersonata magistralmente da Louise Fletcher: inflessibile e spietata, è totalmente incapace di provare anche solo un briciolo di empatia verso i pazienti, che lei considera solo degli individui minorati e da rinchiudere. Non è certo l'unica, ed è comunque figlia di un modo di pensare oggi quasi scomparso (per fortuna, anche se è stato sostituito da un idealismo troppo campato per aria che ha prodotto danni di altro tipo), ma che per decenni è stato visto come il modo giusto di rapportarsi con le persone con disagi mentali.
Inevitabile quindi lo scontro con il ribelle Randall, che altri non poteva essere interpretato che da Jack Nicholson, attore specializzato in questo tipo di parti ancora oggi, il cui personaggio finirà per regalare ai compagni di sventura perlomeno l'illusione della libertà e, per uno di essi (l'indiano, nel commovente finale), anche la speranza di poterla vivere appieno.
Oltre ai due ottimi protagonisti, bisogna citare lo straordinario gruppo di "matti", tra cui riconosciamo Danny De Vito e Christopher Lloyd; inerti all'inizio, finiranno per assimilare la lezione di Randall dando il via a una loro personale ribellione interiore.
colonna sonora particolare e fotografia spoglia e minimale, in linea con lo stile del film.
Nel 1975 il film trionfò agli Oscar vincendo le cinque principali statuette (film, regia, attore protagonista, attrice non protagonista e sceneggiatura)e , nell'arco della sua storia, è uno dei film che ha vinto il maggior numero di premi in tutto il mondo (58).
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