mercoledì 15 settembre 2021

Cristo si è fermato a Eboli, 1979


Regia di  Francesco Rosi, con Gian Maria Volontè (Carlo Levi), Paolo Bonacelli (Il podestà), Francois Simon (Don Traiella),Lea Massari (Luisa Levi), Irene Papas (Giulia), Alain Cuny (Barone Rotundo), Maria Antonia Capotordo (Donna Caterina). 

Nel 1935 Carlo Levi, pittore e artista antifascista, viene inviato al confino ad Aliano, sperduto paesino della Lucania. A causa della sua laurea in Medicina l'uomo viene scambiato per medico e, nonostante giustamente avvisi che non ha mai esercitato, viene comunque ritenuto tale dalla popolazione che comincia a rivolgersi a lui per vari consigli e cure; accettando di aiutarli come può Carlo riesce nella difficile impresa di integrarsi in un mondo contadino ancora legato a credenze arcaiche, molto diverso da quello da cui lui proviene.....





Tratto dal romanzo omonimo (1945) di Carlo Levi, venne mandato in onda poche settimane dopo il sisma dell'Irpinia
E' una storia molto bella ma dura, come dura è il luogo dove è ambientata la storia   e come duri sono i suoi abitanti: induriti dalla povertà, dalla fatica di vivere in un luogo così aspro e dimenticato da tutti, compreso il regime 
Eppure dopo l'iniziale diffidenza il protagonista ne rimane conquistato, arrivando a stringere solidi legami con quel popolo, che dureranno tutta la vita e che lo influenzeranno a tal punto da dedicare loro la sua opera più famosa. 

Un legame non facile, sopratutto all'inizio, visto che Carlo Levi è un intellettuale antifascista con una solida formazione politica e culturale, facente parte di un ceto benestante che davvero è quanto di più lontano dal modo di vivere degli abitanti del paesino, e non  solo si ritrova a vivere in un contesto di forti ristrettezze economiche (che probabilmente si aspettava), ma anche ad avere a che fare con una cultura e credenze fortemente arcaiche che è quasi impossibile scardinare dalla vita degli abitanti. Non è facile per lui avvicinarsi, cercare di comprendere queste persone e anche farsi da loro comprendere: basti pensare che, appena si diffonde la notizia che l'uomo è un medico, tutti cominciano a rivolgersi a lui visto che il paese è sprovvisto di un medico ufficiale e per assistenza in caso di bisogno c'è da andare altrove; Don Carlo (come viene chiamato in segno di rispetto) ha il suo bel daffare a spiegare che sì, è laureato in medicina ma non avendo mai esercitato la professione non può considerarsi medico...alla fine cede, ed è proprio questa cosa la sua "fortuna", nel senso che gli permette di conquistare la fiducia delle persone e di essere considerato alla fine uno di loro. 
Seppure il paese è piccolo, l'umanità che lo compone è comunque varia: abbiamo l'emigrato in America che è tornato vinto dalla nostalgia nonostante le condizioni di vita non buone, il prete vittima di maldicenze che alla fine verrà isolato da tutti, la donna sola con tanti figli di non sa sa quali padri, il sindaco del paese che pur essendo fascista è anche uomo di cultura...convivenza non sempre facile nemmeno fra di loro, che si sentono dimenticati dallo Stato e dal resto del mondo. Eppure alla fine Carlo Levi lascerà con ramarrico quel posto e anche una volta tornato alla proprio vita ne proverà sempre nostalgia.
Non ho letto il romanzo da cui lo sceneggiato è tratto quindi non posso fare confronti, ma la visione di questo sceneggiato è stata molto coinvolgente; buona parte del merito va all'interpretazione intimista di Gian Maria Volontè e a quella dei vari ttori che interpretano i popolani, molti dei quali non professionisti. 
E' davvero un peccato che la Rai abbia smesso di produrre opere di questo tipo!





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