domenica 17 gennaio 2016

Introduzione alla recensione di "Quo vado?"

Per la prima volta nella mia storia di blogger ammetto, già dal principio, che non riuscirò a fare una recensione obiettiva del film "Quo vado?" di Checco Zalone, e mi sento in dovere di dedicare un post alla spiegazione dei motivi che mi impediscono di usare la solita obiettività in un argomento in cui purtroppo mi sento fortissimamente coinvolta da sempre.
La sottoscritta terminato l'Istituto Magistrale a giugno 1999, cominciò subito a cercare lavoro, spaziando negli annunci e disposta ad adattarsi ad ogni tipo di lavoro, visto che a) aveva assoluto bisogno di un lavoro con cui realizzare il suo desiderio di andarsene di casa; b) le era stato insegnato che dimostrare capacità di adattamento in varie situazioni era positivo perchè dimostrava che uno ha voglia di lavorare.
Dopo vari colloqui, il primo lavoro arriva a fine 1999: un mese e mezzo come cassiera part time in un centro commerciale per il periodo natalizio. Dopo di esso, nonostante cv spediti dappertutto, curriculum, iscrizione a qualsivoglia agenzia interinale, seguono cinque mesi di disoccupazione fino a quando trovo un lavoro in un MacDonald's: sempre part time, orari che cambiano ogni giorno, lavoro che....lasciamo perdere, dico solo che era quanto di più lontano facesse per me.
Nonostante ciò, sempre convinta che tutto è meglio della disoccupazione, rimango lì per sei mesi, fino a quando non trovo il lavoro che desideravo: impiegata in un'agenzia immobiliare. Peccato che lavoro lì per un mese in nero, senza essere ovviamente pagata, e poi...arrivederci e grazie.
dopo altri sei mesi di disoccupazione, corsi dei più svariati tipi proposti dalle agenzie interinali, colloqui di ogni tipo, a settembre 2001 vengo assunta presso una cooperativa come assistente ad personam di un bambino disabile in una scuola elementare: rimango lì due anni, sempre part time, ma nel 2003 la cooperativa perde l'appalto e di nuovo...arrivederci e grazie.
In preda allo sconforto, decido di sfruttare il mio diploma magistrale per ciò che inizialmente non avevo pensato di fare proprio perchè volevo evitare il precariato sicuro: ovvero, le supplenze nelle scuole materne. Ho abbastanza fortuna perchè vengo assunta da dicembre a giugno in una scuola privata a 35 km da casa, i primi tre mesi per due ore al giorno, poi a tempo pieno; nel frattempo, da aprile, lavoro anche come baby sitter dopo la scuola. In quel periodo esco di casa alle 7.30 di mattina e torno alle 21 di sera. Sempre in quel periodo quando capita, ogni tanto (solitamente sotto qualche periodo festivo o di ponte) un'agenzia interinale mi chiama a fare da tappabuchi (con contratti di uno-due-tre giorni) in alcuni supermercati della città.
Da settembre 2004- dopo superamento apposito test- entro a far parte della graduatoria delle supplenti GIORNALIERE del comune della mia città: da quel giorno divento maestra d'asilo, non precaria ma precarissima. Non so mai se lavorerò, quando, per quanto tempo, con chi; non ho maternità o malattia, e le mie ferie si chiamano "disoccupazione". Può accadere di fare in una settimana cinque scuole.....questo ovviamente quando le cose andavano bene e comunque si lavorava: dal 2010 in poi, gli anni sono stati a dir poco altalenanti, per sforare in lunghi periodi di disoccupazione dipendenti da crisi, tagli e nuove regole che nel mondo della scuola non mancano mai (ad esempio da quest'anno non si può chiamare la supplente per un giorno).
E' capitato anche di avere l'incarico annuale, certo....ed è capitato anche di averlo per due annate di fila questo incarico, ma siccome non siamo nel privato dopo due rinnovi di contratto non hai l'obbligo di assumere (alla faccia di chi dice che noi lavoratori del pubblico- pure precari!- abbiamo millemila privilegi).
Non che non abbia cercato altro, anzi: ho continuato a cercare, ma con il tempo i colloqui hanno cominciato a scemare, fino a non esserci proprio più, visto che dopo i 28 anni vieni considerato troppo vecchio anche solo per imparare un lavoro (di qualsiasi tipo, persino l'operaio non ti fanno più fare!).Ho smesso anche di andare al collocamento quando, all'età di 31 anni, mi dissero: "signora, ma lei ha passato i 30, ha esperienza solo nella scuola e pretende pure di trovare un lavoro?! Stia a casa a dormire che almeno risparmia tempo!". E non hanno torto, è proprio così.
Voi direte: "ma il tuo sogno di andartene di casa?", ebbene, è rimasto un sogno, appunto: chiuso in un cassetto da dove ormai non uscirà più. Senza contare tutto il resto, di cui non vi posso parlare ma...che ha un peso.
Ecco quindi, perchè la sottoscritta  non sopporta quelli che snobbano il posto fisso? Quelli che "quant'è bello il precariato!!!!", "i diritti e le tutele sono privilegi" o "quant'è bello non avere alcuna certezza!"?
Non voglio arrivare al punto di dire che il signor Medici- ora miliardario- non abbia mai patito il precariato in vita sua; ma un conto è farlo per scelta scegliendo professioni come quella artistica (precaria per forza di cose), un'altro è essere costretti a patirlo perchè altri hanno deciso che il posto fisso (a tempo indeterminato) è il male assoluto. Peccato che a me risulti che quando l'indeterminato era la norma, andava tutto meglio di adesso...

2 commenti:

  1. davvero una brutta situazione. io l'ho sperimentata per un periodo limitato, il mio primo contratto fu di un anno e mi lasciarono a casa senza quasi preavviso, e per un po' mi sono affidata anche io alle interinali. Con una buona dose di follia avevo già comprato casa e vivevo con il mio allora-fidanzato (ora marito). Dopo alcuni mesi, cominciai a lavorare a tempo indeterminato. Sono stata fortunata, ma erano altri tempi.

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    1. Anche mia sorella va avanti a contratti di un anno, due anni...magari li avessi io! anche lei è andata via di casa perchè conviveva, da sola non ce l'avrebbe mai fatta.
      io invece non ho avuto la stessa fortuna....

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