giovedì 12 settembre 2013

Il peccato e la vergogna, 2010








 Regia di Luigi Parisi, con Gabriel Garko (Nito Valdi), Manuela Arcuri (Carmen  Tabacchi), Giuliana De Sio (Bigiù), Eros Galbiati (Giulio Fontamara), Francesco Testi (Giancarlo Fontamara), Victoria Larchencko (Elisa Fontamara), Martine Brochard (Sylvie).

Nei primi anni del Novecento, il piccolo Nito viene abbandonato dalla madre e cresce in un collegio.
Da adulto, verso la fine degli anni trenta, lavora alle dipendenze di un boss della mafia romana; conosce e s’innamora di Carmen, figlia di una delle vittime del boss, una giovane esuberante e determinata a uscire dalla povertà in cui è sempre vissuta.
Nito però ha una natura violenta e cattiva, che esplode quando Carmen lo lascia dopo averlo visto picchiare a sangue un uomo; da quel momento la giovane non avrà pace, visto che Nito sviluppa nei suoi confronti una vera e propria ossessione che lo porterà a perseguitarla nel corso degli anni, usando ogni mezzo per indurla a tornare con lui…


Questa premiatissima (negli ascolti) fiction risale a settembre 2010; visto il risultato del prodotto, avevo deciso che non valeva la pena dedicargli un post.
Ma settimana scorsa ho avuto la ferale notizia che a breve andrà in onda la seconda serie euro e mi è venuto un soprassalto di coscienza: posso permettere che qualche incauto spettatore che abbia perso la messa in onda Tv, attirata dal fatto che la fiction è stata pubblicizzata come ”una grande storia d’amore e di passione”, spenda anche solo mezz'ora del suo prezioso tempo per cercare di vedere questo polpettone malfatto e indigesto? No, non sarebbe giusto!



E così eccomi qui, a parlarvi di questo polpettone senza capo né coda in cui - tanto per attenerci al titolo - l’unico peccato è quello di averlo seguito per tutte le sette puntate e l'unica vergogna quella di perseverare facendone la seconda serie.
Chiedo scusa agli eventuali ammiratori per i toni da me usati; ma la sottoscritta, che al contrario di molti è amante delle fiction italiane e dei loro interpreti (in primis Gabriel Garko e Giuliana De Sio) stavolta non ha potuto fare a meno di riconoscere che questa fiction è la classica ciambella riuscita senza buco…per essere clementi.
Che gli autori della sceneggiatura non si siano sforzati troppo l’avevo già intuito dal titolo, di cui non si capisce il significato, nemmeno proseguendo con la storia. Ma pazienza… non è da un titolo che si giudica un libro , quindi deve valere anche per una fiction, no?
E quindi andiamo avanti.
Fin dalla prima puntata viene il dubbio che non sia proprio una storia d’amore: in pratica, che non sia la storia del solito cattivo redento dalla sua donna. Nito infatti ha una natura violentissima, che più violenta non si può, che si può scusare solo in minimissima parte con il trauma dell’abbandono patito da bambino; e infatti andando avanti con la storia, possiamo ben dire che il “poveretto” altri non è che un malato di mente, ma di quelli pericolosi: a parte che  l’ossessione che sviluppa nei confronti della protagonista già di per sé non è certo normale, ma se poi questa ossessione lo porta a (elenco solo alcune cose):

- portare Carmen in un bordello per costringerla a cedere;

- stuprarla (più di una volta!);

- picchiarla (anche qui più di una volta… ma tra gli sceneggiatori c’era Rosemary Rogers per caso?!);

- ammazzarle il padre

… e altre piacevolezze simili… beh, penso proprio che se la fiction fosse stata ambientata ai giorni nostri, Nito sarebbe stato condannato all’ergastolo per stalking!
Senza contare il fatto che la fiction stessa è impregnata di violenza in modo esagerato: nel corso delle sette puntate Nito stupra più donne, inducendone due al suicidio, tortura più gente che può, ammazza metà della famiglia ebrea Fontamara, ammazza due vecchietti durante una rapina… insomma un’orgia di sangue! Che era cattivo l’avremmo capito anche senza tutte queste esagerazioni…
Basterebbe questo per bocciare la fiction; ma come non nominare la pessima recitazione  di questi tutti gli interpreti, anche di quelli solitamente bravi? Il fatto è che in tutta questa accozzaglia di avvenimenti e personaggi che si susseguono come una  girandola di puntata in puntata è difficile dare ai personaggi una pur minimo spessore psicologico, col risultato che abbiamo una serie di macchiette, tipo il buono che viene inevitabilmente fregato da tutti, la giovane innamorata dolce e ingenua (che a me, scusate, è sembrata una povera stupidina!)  che viene crudelmente tradita, il gaudioso irresponsabile che maturerà (si fa per dire!) con la guerra…e via dicendo. Insomma, approfondimento psicologico o sentimentale zero.



Eccetera eccetera… alle prese con personaggi di questo tipo, è chiaro che la recitazione è quella che è, ovvero ai minimi sindacali, e non sempre per colpa degli attori: se la pur simpatica Manuela  Arcuri ci ha ormai abituati a una pessima recitazione cui alla lunga non sopperisce la sua avvenenza fisica , se il volenteroso Gabriel Garko nonostante riesca a delineare un cattivissimo puro che non suscita alcuna simpatia in nessuno (lo stesso attore in un’intervista ha dichiarato che, quando si è rivisto sullo schermo, si è odiato da solo!), penso che altri personaggi e relativi interpreti, come la prostituta interpretata da Giuliana De Sio, avrebbero potuto dare molto di più.
L’ambientazione? Ovvio che se siamo nel periodo compreso tra la fine degli anni ’30 e la seconda guerra mondiale, ci saranno il fascismo, la persecuzione degli ebrei, la guerra...tutti argomenti importanti trattati come una leggerezza incredibile e sconcertante.
Come se tutto ciò non bastasse, c’è pure lo svarione temporale: nella prima puntata la sorellina di Carmen è una bimba di circa sette anni; la storia prosegue, le puntate coprono vicende in un arco di otto anni circa; arriviamo nell’immediato dopoguerra (1946 circa)… e la bambina è sempre la stessa! Le privazioni della guerra le hanno forse bloccato la crescita?!
Unica nota di merito, splendidi costumi, che stanno molto bene  se vestiti in particolare dalla Arcuri; grazie a ciò visivamente l’attrice ricorda spesso attrici famose  del cinema dei telefoni bianchi, come  Doris Duranti o Luisa Ferida…ma il paragone finisce lì, purtroppo.
Concludo dicendo che l’unico motivo che mi ha spinto a vedere tutte e sette le puntate (già dopo la seconda avrei abbandonato) è stata la curiosità di vedere che fine avrebbe fatto Nito… ma siccome si sta diffondendo la moda dei finali aperti che preludono a una seconda serie, non ho avuto nemmeno questa soddisfazione. E dopo essermi levata questi “sassolini” dalla scarpa, vi lascio libere di decidere delle vostre visioni: la mia coscienza è a posto!

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